L’intensità della devozione dei fan è salita nell’era digitale, ma facciamo un passo indietro nel tempo. Ricordate Dear Stan di Eminem? Una canzone apparentemente innocua che è arrivata a tormentare le orecchie di molti ascoltatori e che raccontava del rapporto che si può manifestare tra un fan e una star. In attività dall’alba di Internet, Eminem non poteva immaginare che il sinistro antagonista della sua canzone sarebbe arrivato a incarnare i comportamenti intensi e polarizzanti dei super fan in Rete.
Gli Stan sono iper-impegnati – e spesso iper-maniacali – nell’esprimere la loro devozione per l’oggetto della loro ossessione. Ma è anche vero che la parola Stan non deve avere per forza immediatamente connotazioni negative. È persino diventato un verbo che significa “iniziare a piacere a qualcuno“. Urban Dictionary, che racchiude il gergo di Generazione Y e Z, ha deifnito Stan nel 2012 come “un fan pazzo o ossessionato”, ma altre voci più recenti riflettono quanto il termine abbia cambiato significato nel corso degli anni.
La cultura dei fan è incredibilmente potente in quanto crea un notevole equilibrio tra collettivismo e individualismo. Esempio pratico: i tifosi di una squadra di calcio si incontrano allo stadio, il che genera senso di comunità, ma allo stesso tempo un tifoso può percipere la propria unicità tra tifosi di altre squadre. In questo senso, alimentare la subcultura del fandom è una strategia efficace nella costruzione dell’identità. La community qui non riguarda solo il legame tra i fan, ma il senso di sicurezza che proviene dal sapere che ci sono altri simili.
Tradizionalmente il fandom è stato strettamente associato ai giovani, e alle ragazze in particolare. La cultura pop ha legato l’idea del fan alle ragazze urlanti davanti ai Beatles, e più in generale alle groupie. Ma la cultura Stan è ben più ampia e si estende oggi all’online: i fan si uniscono intorno a gruppi di Facebook, subreddit o account Instagram per parlare di quanto amano la tal persona famosa che stanno stanning in quel momento. Spesso usano (o vengon o dati loro) nomi creativi per identificarsi con la loro comunità e saldare la connessione con altri Stan: Directioners, ad esempio per i fan degli One Direction, Little Monsters per quelli di Lady Gaga, e gli Arianator per Ariana Grande. Un po’ come per i “sorcini” di Renato Zero.
L’ossessione per le celebrità è così forte per gli Stan che spesso arrivano a far di tutto per difendere l’oggetto del loro affetto. Nell’aprile di quest’anno, ad esempio, quando Britney Spears fu messa sotto tutela, alcuni dei suoi fan più accaniti iniziarono il movimento #FreeBritney. Gli Stan di Game of Thrones, invece, hanno raccolto donazioni da migliaia di persone nel nome dell’attrice Emilia Clark (che ha dovuto affrontare due aneurismi) per un ente di beneficenza.
Un sondaggio di Tapatalk ha confermato quanto le community online siano molto importanti per il 60% della Generazione Z. Questo riflette anche i risultati del rapporto di Snapchat che ha scoperto che il 48% degli Z trascorre il proprio tempo online esplorando il proprio lato creativo, che si tratti di modificare foto, creare meme o fare arte digitale. La cultura del fai-da-te creativo, in effetti, offre ai giovani fan un modo per esprimere la loro adorazione, riconosciuta e condivisa da altri Stan.
Prima c’erano solo Myspace e forum, oggi invece le occasioni di contatto – seppur digitale – sono potenzialmente infinite, il che può essere positivo, ma anche pericoloso. Molti fan si sentono come se li conoscessero davvero e possono oltrepassare i confini in modi che non potevamo nemmeno pensare un decennio fa. La possibile natura violenta e ossessiva di molti Stan non è nuova, ma è resa più facile da Internet. E se i fan accaniti si limitano a scrivere fanfiction e andare a incontri aperti al pubblico, gli Stan sono ossessivi sia nel modo in cui comunicano con l’oggetto della loro ossessione, sia tra loro – diventando competitivi.
La subcultura Stan non si limita solo a dichiarare il proprio amore per una star, ma anche a promuoverla. È il caso della richiesta di far partire lo streaming di brani per portarli al primo posto in classifica o di trollare gli “avversari” per appiattire la concorrenza.
Lo scorso marzo, i Little Monsters di Lady Gaga hanno dato il via a una truffa impressionante, convincendo gli utenti di Twitter che se avessero trasmesso in streaming “Shallow”, avrebbero ricevuto un caffè Starbucks gratuito. Il piano ingegnoso aveva lo scopo di aumentare i numeri di streaming di Lady Gaga e, di conseguenza, la sua posizione nella classifica di Billboard. Comprendere questo livello di devozione può anche aiutare i brand a capire meglio i meccanismi dietro alle community.