Nell’aprile del 2017, due talentuosi scrittori, Ross e Kathryn Petras, hanno pubblicato un brillante ed esilarante articolo intitolato Trump’s Elements of Style sulla rivista online McSweeney’s, la piattaforma collegata all’omonima casa editrice statunitense, fondata dal noto scrittore Dave Eggers. Il pezzo rappresenta un’analisi satirica e dettagliata dello stile comunicativo di Donald Trump, con un focus sul suo uso del linguaggio, sia online che nelle sue apparizioni pubbliche.
Nel long-form, gli autori esaminano con arguzia e ironia come il presidente americano, noto per il suo tono diretto e poco convenzionale, sembri ignorare o infrangere tutte le regole fondamentali della buona comunicazione. L’articolo evidenzia come, nonostante (o forse proprio grazie a) queste trasgressioni stilistiche, Trump riesca a mantenere un rapporto saldo e diretto con la sua base elettorale. Le sue frasi brevi, ricche di enfasi e spesso prive di filtri, pur sfidando i principi classici della retorica e della scrittura efficace, sembrano rafforzare il suo legame con una comunità di sostenitori che lo percepisce come autentico e vicino.
Con uno sguardo critico ma leggero, Ross e Kathryn Petras non solo mettono in luce le peculiarità linguistiche di Trump, ma anche il suo impatto culturale e mediatico, rivelando come la sua comunicazione, apparentemente disordinata, sia in realtà uno strumento strategico di grande potenza. Eccovi una traduzione, elaborata ad hoc, di alcuni punti salienti:
Regola sballata: Ometti le parole inutili
Regola di Trump: Nessuna parola è inutile. Sono tutte fantastiche! Sconvolgenti!
Sono parole grandiose! Conosco parole incredibili!
Il primo giorno inizieremo a lavorare sul confine meridionale a un muro
impenetrabile, alto, fisico, potente e bello. Useremo la migliore tecnologia,
compresi i sensori sopra e sotto terra. Sono i tunnel. Ricordatelo. Sopra e
sotto. Sensori sopra e sotto terra, torri di sorveglianza aerea e manodopera
per consolidare il muro, trovare e dislocare i tunnel e tenere fuori i cartelli
criminali e il Messico, che, lo sapete, lavorerà con noi. – Discorso,
31/08/16
Regola sballata: Mettiti sullo sfondo
Regola di Trump: Quale sfondo?
Conosco più cose sulle energie rinnovabili di qualsiasi essere umano sulla
Terra. – Intervista, Sean Hannity, 13/04/16
So di più sull’ISIS rispetto ai generali. Credetemi. – Discorso, 11/12/15
So di più su Cory Booker di quanto sappia di se stesso. – Tweet, 25/07/16
Regola sballata: Volgi le frasi negative in forma positiva
Regola di Trump: A volte puoi essere positivamente negativo! O negativamente
positivo! O entrambe le cose! È così!
@ariannahuff è poco attraente sia dentro che fuori. Capisco perfettamenteperché il suo ex marito l’abbia lasciata per un uomo: ha preso una buonadecisione. – Tweet, 8/28/12
Mentre @BetteMidler è una donna estremamente poco attraente, mi rifiutodi dirlo perché insisto sempre per essere politicamente corretto. – Tweet,29/10/12
Regola sballata: Usa le figure retoriche con parsimonia
Regola di Trump: Una buona metafora è bella come delle manine sgraziate!
Sul matrimonio gay: è come nel golf. Un sacco di gente – non voglio che
questo suoni banale – ma molte persone stanno passando a questi putter
veramente lunghi, molto poco attraenti. È strano. Vedi questi grandi
giocatori con questi putter davvero lunghi, perché non possono più fare buca a tre piedi di distanza. E, lo odio. Sono un tradizionalista. Ho tanti
amici favolosi che sono gay, ma io sono un tradizionalista. – Intervista,
New York Times, 5/2/11
Regola sballata: Posiziona alla fine della frase le parole enfatiche
Regola di Trump: E aggiungi un punto esclamativo! Grande!
Buon anno a tutti, anche ai miei molti nemici e a quelli che mi hanno
combattuto e hanno perso così tanto che non sanno proprio cosa fare. Con
amore! – Tweet, 31/12/16
La scarsa dimestichezza con le regole della sintassi da parte del Presidente americano, unita al tono ironico dell’analisi di Ross e Kathryn Petras, mette in evidenza come il linguaggio di Trump appaia inequivocabilmente inadeguato per una figura pubblica. Tuttavia, proprio questa apparente inadeguatezza si rivela essere anche il suo punto di forza: Trump riesce infatti a far breccia nel suo elettorato grazie a un registro comunicativo che rispecchia perfettamente la sensibilità e le aspettative del suo pubblico. Come un leader tribale che, davanti al fuoco, galvanizza la propria comunità con discorsi schietti e senza fronzoli, Trump utilizza un linguaggio immediato, diretto e comprensibile a chi lo ascolta. Questa semplicità, percepita come autenticità, diventa un elemento fondamentale del suo successo comunicativo.
*
Poco dopo l’uscita dell’articolo dei fratelli Petras, anche altri esperti di linguaggio e brand identity, come Scott Milano e Tanji, hanno analizzato a fondo lo stile comunicativo del Presidente, arrivando a conclusioni simili. Nel loro report apolitico intitolato The Best Words. A Guide to Effective Tweeting, The Trump Way, Milano e Tanji si concentrano principalmente sulla retorica presidenziale su Twitter, esplorandola attraverso una dettagliata analisi quantitativa e qualitativa.
Il report si distingue per l’approccio metodico con cui approfondisce le tecniche di scrittura usate da Trump, mettendo in luce come l’uso di frasi brevi, incisive e spesso provocatorie, unitamente a un vocabolario volutamente semplice e ripetitivo, sia parte di una strategia studiata per mantenere viva l’attenzione e il coinvolgimento del pubblico. Trump sembra, in questo senso, rompere tutte le convenzioni della comunicazione formale per instaurare una connessione emotiva e diretta con i suoi sostenitori, dimostrando che la sua padronanza del linguaggio, pur non ortodossa, è comunque straordinariamente efficace. Qui di seguito ve ne proponiamo una sintesi. Innanzitutto, Trump si relaziona con i suoi oltre 53 milioni di follower (che, attenzione, non significa siano sostenitori) facendo uso di sei tattiche, usate singolarmente o mescolate.
Attaccare i nemici con tweet incendiari.
Perché Kim Jong-un mi dovrebbe insultare chiamandomi “vecchio” quando
non lo chiamerei MAI “basso e grasso?” Oh bene, provo con tutte le mie forze
a essere suo amico – e forse un giorno succederà! – Tweet, 11/11/17
Negare la realtà, e nascondere la verità.
Non conosco Putin, non ho accordi con la Russia, e gli haters stanno
impazzendo – eppure Obama può fare un accordo con l’Iran, n.1 del terrore,
nessun problema! – Tweet, 7/2/2017
Distorcere le fake news con altre fake news.
Un’altra fake news, questa volta per un fiasco del @nytimes, ovvero che
guardo 4-8 ore di televisione al giorno – Sbagliato! – Tweet, 11/12/17
Deviare l’attenzione su altre questioni.
@Theresa_May, non concentrarti su di me, concentrati sul distruttivo
terrorismo radicale islamico che sta prendendo piede all’interno del Regno
Unito. Stiamo andando proprio bene! – Tweet, 29/11/17
Lodare gli alleati, anche quando non sono tali.
Congratulazioni a @FoxNews per essere il numero uno nelle valutazioni di
inaugurazione. Sono di gran lunga superiori a FAKE NEWS @CNN – Il
pubblico è intelligente! – Tweet, 24/1/17
Promuovere un interesse quando fa più comodo.
Buon #CincoDeMayo! Le migliori taco bowl sono realizzate al Trump Tower
Grill. Amo gli ispanici! – Tweet, 5/5/16
Trump polarizza profondamente la comunità che lo segue online, creando un netto divario tra chi lo sostiene incondizionatamente e chi lo disprezza con altrettanta intensità. Questa polarizzazione non si limita solo alle sue tattiche comunicative; per comprendere pienamente il suo impatto e la sua capacità di dividere il pubblico, è necessario analizzare più a fondo il mondo narrativo che Trump ha costruito intorno a sé. Cosa rende un suo messaggio così riconoscibile? E quali aspetti portano le persone a riconoscersi e supportarlo o a disassociarsi e criticarlo online? Nel loro report, Scott Milano e Tanji hanno individuato quattro aspetti:
Il tono di voce
Furioso, con tanto di maiuscolo urlato.
CI VEDIAMO IN CORTE, È IN GIOCO LA SICUREZZA DELLA NOSTRA
NAZIONE – Tweet, 9/2/17
Deliziosamente allegro.
Buon Natale e buon, buon, buon, buon Nuovo Anno a tutti! – Tweet, 25/12/16
E infine, freddo e lapidario. Probabilmente frutto del suo staff.
Nessun americano dovrebbe essere separato dai propri cari a causa di reati
evitabili, commessi da coloro che sono illegalmente nel nostro Paese. Le nostre
città dovrebbero essere santuari per gli americani – non per criminali stranieri –
Tweet, 9/12/17
Il soggetto
Ovvero, sempre, sempre, sempre se stesso. Con le immancabili
ripetizioni.
Durante i miei viaggi, ho avuto il piacere di condividere le buone notizie
dall’America. Ho avuto l’onore di condividere la nostra visione per un Indo-
Pacifico libero e aperto – dove le nazioni sovrane e indipendenti, con culture
diverse e molti sogni diversi, possano tutte prosperare fianco a fianco. – Tweet,
10/11/17
I soprannomi
Ogni suo nemico ne ha uno. Eccone alcuni: “Little Rocket Man” ovvero
il piccolo uomo razzo per Kim Jung-un, il dittatore nordcoreano;
“Crooked Hillary” che possiamo tradurre con la sbilenca Hillary per
Hillary Clinton, sua diretta avversaria del Partito Democratico;
“Pocahontas” che richiama la celebre eroina del cartone animato Disney
per Elizabeth Warren, senatrice con origini di nativa americana; “Lyin’
Ted” nomignolo per indicare il bugiardo Ted per Ted Cruz, senatore
accusato di agire in modo falso e ipocrita.
Lo stile
Si compone di innumerevoli errori di battitura, indecifrabili contrazioni
delle parole, punti esclamativi (ovunque!) e una limitata scelta di
vocaboli. In particolare, sono ricorrenti: ENORME!; stupefacente;
deficiente; zero; vincere!; politicamente corretto!; PERDENTE; fuori
controllo; molte persone; pericoloso; cattivo; debole.
*
È certamente possibile applicare un’analisi simile a qualsiasi politico. Utilizzando lo stesso schema d’indagine – focalizzandosi su tattiche comunicative, elementi retorici, sintattici e lessicali ricorrenti – si può decodificare il modo in cui i leader politici costruiscono la propria identità pubblica e la relazione con la loro community. Attraverso un’analisi sistematica del linguaggio usato, è possibile comprendere le dinamiche sottese a queste interazioni, rivelando come il discorso di un leader influenzi profondamente non solo le opinioni dei suoi sostenitori, ma anche il loro modo di esprimersi e interagire tra di loro.
Ogni politico sviluppa uno stile comunicativo unico, costruito su scelte linguistiche precise. Alcuni preferiscono un registro elevato, caratterizzato da formalismi e complessità sintattica, mentre altri, come Trump, scelgono uno stile più diretto e colloquiale. L’uso strategico di certe parole chiave, il ritmo del discorso, la ripetizione di concetti e il tono – che può essere inclusivo o divisivo – sono tutti elementi che contribuiscono a creare una narrazione specifica. Questa narrazione non si limita a essere un semplice messaggio, ma diventa la base su cui una comunità costruisce la propria identità e percezione del mondo.
Non solo il linguaggio del leader influenza direttamente le opinioni e le decisioni politiche dei membri della community, ma finisce per plasmare anche il loro modo di pensare e agire. Il contagio linguistico è un fenomeno noto: le parole e le frasi ricorrenti, così come le metafore e le narrazioni utilizzate da chi è a capo del gruppo, si diffondono tra i sostenitori e diventano parte integrante del loro vocabolario quotidiano. Questo effetto si manifesta chiaramente nelle conversazioni online, dove il linguaggio del leader non solo è ripreso, ma viene amplificato, creando un ciclo di rinforzo che consolida la visione del mondo condivisa dal gruppo.