Chi si avvicina al mondo della maternità e paternità, si accorge ben presto che c’è una vera e propria cultura del portare a cui affacciarsi. Con questo termine ci si riferisce al tenere in fascia un neonato o un bimbo nei suoi primi anni, attraverso diversi sostegni di babywearing – fascia morbida, fascia rigida, marsupio – che richiedono una certa dimestichezza d’uso.
La vicinanza fisica e continuata al genitore, soprattutto nei primi mesi di vita, sembra fornire benefici fondamentali al neonato in termini di attaccamento e fiducia nei confronti del mondo. Una pratica diffusa su tutto il globo che ha trovato nella cultura italiana una nuova dimensione, con crescente interesse e diverse applicazioni, fisiche e digitali.
Proliferano i consulenti del portare che possono istruire i neogenitori sui vantaggi della pratica cuore-a-cuore, sulle diverse legature delle fasce (frontale, di lato, di schiena), sulla reale ergonomia dei supporti: durante gli incontri sul territorio spesso vengono proposte diverse tipologie di supporti, in modo da far sperimentare di persona quale sia quello idoneo per il proprio percorso di babywearing. Ogni consulente lavora sul proprio territorio invitando i genitori ad incontri di formazione (individuali o di gruppo) spesso realizzati in collaborazione con fascioteche, negozi che hanno a disposizione diversi supporti portabambino, dove si possono provare, noleggiare o talvolta acquistare.
Il tema dell’ergonomia è di assoluta rilevanza per le consulenti e per i genitori, a questo aspetto è dedicata molta attenzione: sia per i supporti che prevedono l’apprendimento di una legatura, sia per quelli già strutturati come i marsupi. Alcune regole base come la “posizione a M” delle gambe del bimbo e la giusta distanza dal volto del genitore consentono di verificare l’effettiva correttezza del supporto. Il mondo fisico ha un corrispettivo digitale che risulta estremamente frammentato in spazi personali dei consulenti, pagine delle fascioteche, gruppi in cui i genitori si scambiano esperienze e opinioni, marketplace per la vendita di supporti utilizzati.
Su tutti, particolarmente curioso e significativo è il gruppo chiuso su Facebook Piazzetta Babywearing – consigli, vendita e scambio supporti usati che vede la presenza di oltre 50K persone che mostrano davvero un importante interesse verso questo mondo. Mamme e papà pubblicano foto personali o di altri familiari all’invocazione di ‘esci il [parente] portatore’: nonni, zii, fratelli/sorelle maggiori sono quelli che catturano la maggioranza di commenti favorevoli.
Altre immagini che vengono spesso condivise sono relative allo ‘scarico perfetto’, un fenomeno che coinvolge genitore e bambino nell’addormentamento e successivo appoggio su un letto – con tanto di supporto sottostante – senza che ci sia alcun risveglio.
Il gruppo è finalizzato allo scambio e vendita di supporti: per alcuni genitori la fascia diventa un accessorio fondamentale, da abbinare al proprio abbigliamento quotidiano; ecco che colori, trame, grammature, tessuti diventano elementi per valutare la qualità di un supporto. È davvero curioso che alcuni produttori di fasce, per le mamme davvero fanatiche, aggiungano nel form la voce di check “Fai finta di averlo ricevuto come dono, congratulazioni” per ovviare al fatto di dover condividere con il proprio compagno l’acquisto di un nuovo prodotto.
Le mamme del gruppo si scambiano feedback reciproci per avvalorare la qualità dei supporti in vendita con un vero e proprio processo sistematizzato: va pubblicata una foto in un gruppo parallelo, che viene validata dagli amministratori per la pubblicazione e a quel punto potrà essere condivisa nella piazzetta. Inoltre, spesso le mamme pubblicano foto dei bimbi in fascia e chiedono commenti ai genitori più esperti sulla correttezza della posizione e della legatura. Non è infrequente che se un supporto non è ergonomico, ci siano molti commenti negativi sulla scelta del genitore ignaro del proprio acquisto.
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L’aspetto più curioso di questo gruppo è la stretta connessione del virtuale e reale: se un genitore portatore ne incontra un altro, chiede “piazzetta?” per sapere se fa parte del gruppo e condividere esperienze e commenti dal vivo, di persona. Talvolta questo non avviene per pudore, ma il genitore riporta nel gruppo le esatte coordinate dell’incontro per verificare se la persona fosse parte della community, in modo da ritrovarsi nel contesto digitale. Molte mamme che promuovono il portare – magari in territori in cui la cultura del babywearing è meno diffusa – chiedono se ci sono altri genitori nei paraggi, per condividere l’esperienza. Altre ancora si confrontano sui commenti dei passanti, che fanno emergere una certa ripetizione di percezioni: ma il bimbo respira? è comodo? ai miei tempi…
L’agorà digitale dei neogenitori ha acquisito un nuovo spazio in cui la cultura del babywearing si dirama e diffonde, intrecciandosi sul territorio. Chissà cosa ne penserebbero quelle mamme che apprendono dalle donne del proprio villaggio a portare i figli, con naturalezza e nel rispetto di una tradizione millenaria.