Colpo di Stato è un gioco di carte di investigazione storica in cui si vestono i panni di un gruppo di reporter impegnati a indagare su uno dei più inquietanti, eppure poco conosciuti, “misteri d’Italia”: il tentato “golpe Borghese” del 1970.
Coperativo, narrativo e a enigmi, il gioco ispirato alle meccaniche degli escape games: i giocatori collaborano cioè tra loro per risolvere una serie di enigmi di osservazione, logica e deduzione — con la differenza che non si tratta (purtroppo) di fiction ma di un’accurata ricostruzione storica delle nebbie, degli intrighi, del lato oscuro della Prima Repubblica.
A lanciarlo è lo studio di design indipendente di Milano We Are Müesli, che ci ha messo tutta la sua esperienza pluriennale nella progettazione di videogiochi narrativi su temi storico-culturali, e che si è avvalso in questo caso della collaborazione con i public historians Giulio Garlaschi e Riccardo Lichene per la parte di ricerca.
Il risultato è un mazzo di 60 carte, per un totale di 22 enigmi, 11 personaggi da scoprire, e parecchi approfondimenti storici che fanno di Colpo di Stato, più che un card game, una vera e propria “inchiesta giornalistica giocabile” — un’originale operazione, per citare due tendenze del momento, a metà tra graphic journalism e applied games (giochi applicati).
La prima tiratura di Colpo di Stato sarà distribuita attraverso una campagna di crowdfunding sulla piattaforma italiana Eppela. È solo la prima uscita di un più ampio progetto – Dewey Rooms – che comprende una serie di escape games di formati diversi – dalle carte, appunto, fino alle escape room dal vivo – accomunati dalla scelta di affrontare tematiche storiche, artistiche, giornalistiche e di attualità attraverso i linguaggi dello storytelling interattivo.
Abbiamo fatto due chiacchiere con i founder, Claudia Molinari e Matteo Pozzi.
Una pagina di storia italiana poco nota, finalmente. Come mai proprio questa scelta? Avevate altre indagini sul tavolo?
Diciamo che quella dei cosiddetti “misteri italiani”è sempre stata una nostra fissa, anche solo a livello di interesse personale. Sarà che si tratta del decennio, gli anni Settanta, immediatamente precedente alle nostre nascite, l’ultima pagina insomma di Storia di cui non abbiamo memoria diretta, e per questo forse ancora più affascinante nella sua tragicità, nella sua importanza, nella sua attualità.
Avevamo già incrociato questo periodo storico scrivendo la sceneggiatura del road trip game di Santa Ragione Wheels of Aurelia, ambientato nel ’78 durante i giorni del sequestro Moro; quando abbiamo avuto questa idea di applicare le meccaniche “ad enigmi”tipiche degli escape games all’investigazione di fatti storici realmente accaduti, ci siamo resi conto di avere purtroppo l’imbarazzo della scelta tra le pagine “irrisolte”degli anni che vanno da Piazza Fontana alla Stazione di Bologna, pagine peraltro del tutto mischiate e intrecciate tra loro.
La scelta specifica del Golpe Borghese deriva dalla combo tra quanto poco conosciuto, e quanto pericolosamente attuale sia: è incredibile ma basta un giro sui social per vedere con quale leggerezza da certe parti (sempre quelle) si invochi anche oggi il concetto di “colpo di stato”.
Che cosa avete portato in questo prodotto analogico dalla vostra esperienza di super esperti in giochi narrativi anche digitali?
Massimo Vignelli diceva che “if you can design one thing, you can design everything”.
Fatte le debite proporzioni, e premettendo che in realtà non solo ogni formato, ma ogni singolo gioco fa storia a sé, il game design è game design: a partire dagli strumenti di prototipazione (la prima versione della storia non-lineare raccontata in Colpo di Stato l’abbiamo stesa con il software di scrittura interattiva Twine, che per la sua accessibilità utilizziamo spesso, oltre che per i nostri progetti, anche nei nostri corsi e workshop) fino all’ispirazione per molti puzzle, la progettazione di questo gioco analogico non è stata poi così diversa da quella dei nostri precedenti giochi digitali.
Ovviamente, per esempio, cambia completamente anche il modo di fare playtesting, ma non la sua imprescindibilità. Il bello è stato aggiungerci proprio quel “più”di fisicità, che per due vecchi feticisti della carta stampata come noi è come chiudere un cerchio 🙂
Oltre alla vostra, in Europa e nel mondo, quali sono le realtà che si occupano di game design con taglio narrativo che vale la pena conoscere?
Molte, moltissime. Buttiamo lì un paio di nomi noti, escludendo inevitabilmente decine e decine di autori indie che con i loro esperimenti, anche “solo” con uno short game di pochi minuti, esplorano ogni giorno un centimetro quadrato in più delle terre selvagge di questa cosa che possiamo chiamare “storytelling interattivo”.
A livello di scrittura pura, abbiamo amato in questi anni la serie di Kentucky Route Zero di Cardboard Computer: un saggio di come anche un genere di gioco teoricamente desueto come il cosiddetto “punta e clicca”, se approcciato con le tonnellate di gusto e ricercatezza creativa che hanno i suoi autori, può essere un meraviglioso formato di racconto contemporaneo.
Il britannico Sam Barlow ha cambiato le cose quattro anni fa con il suo (raccomandatissimo se non l’avete mai provato!) Her Story, e siamo quindi super curiosi del suo imminente nuovo progetto, sempre ai confini tra gioco e film interattivo, Telling Lies. Per fare anche due nomi italiani: Maggese con la sua sperimentale love story tra mantidi Don’t Make Love, e da segnarsi tra le prossime uscite il gioco di calcio narrativo (finalmente!) Football Drama di Open Lab Games.
Per quel che riguarda la cultura pop, oggetti narrativi come Bandersnatch sono un passo indietro o un passo avanti?
Il discorso sarebbe lunghissimo (personalmente non è che ci sia piaciuto…) ma, se dobbiamo scegliere, diciamo: avanti. Perché il fatto in sé e per sé che quella che, bene o male, è forse oggi la “piattaforma di storytelling” più diffusa e popolare al mondo, Netflix, si sia aperta a questo genere di sperimentazioni è molto importante.
Non dobbiamo più fare troppi giri di parole per spiegare ciò che in altri modi (e con altri budget 😉 facciamo anche noi da anni; ora ci basta fare la premessa “hai presente Bandersnatch?”per intenderci. Ed è un territorio tutto da esplorare: chi l’avrebbe detto, al di là del giudizio di merito, che il genere successivo a cui Netflix avrebbe applicato il “superpotere”dell’interattività sarebbe stato un “survival reality”come Man vs Wild?
What’s next? Horror? Giallo? Love stories? Sit-com? Documentari? Non lo sappiamo, e questo pensiamo sia molto bello e stimolante per tutti, anche per chi lavora in ambito indipendente come noi.
Ma torniamo a voi. Oltre a Colpo di Stato, tra i vostri ultimi lavori, di cosa andate più fieri? Cosa ci consigliate di sbirciare?
Tra quelli già realizzati, pur non essendo proprio tra gli ultimi, siamo particolarmente affezionati aVenti Mesi (scaricabile gratuitamente qui), la nostra collezione di 20 storie interattive sulla Resistenza. Sia perché, a livello creativo, pensiamo di aver esplorato attraverso la sua pluralità di storie e punti di vista tante differenti soluzioni e potenzialità della narrazione non-lineare; sia perché, sul piano personale, ci ha consentito di rimetterci in contatto, prima che fosse troppo tardi, con reali storie di vita vissuta, antimilitarista e antifascista delle nostre famiglie (genitori, nonni) che sono diventate parte integrante del gioco.