Scuro Chiaro

Grinta, tenacia e ambizione. Questo è il trinomio che caratterizza i Millennial, instancabili stacanovisti che devono fare i conti con la crisi economica e il tasso di disoccupazione al 22%. Nonostante siano spinti da emozioni positive, questi ragazzi, noti anche come Generazione Y, hanno sviluppato un senso di angoscia per il futuro e frustrazione in ambito lavorativo. Sono la generazione con il 54% di laureati, ma solo una piccola parte trova lavoro. I Millennial, nati tra il 1981 e il 1995,  faticano a raggiungere una stabilità economica e a emanciparsi dalla famiglia. Oggi, con l’emergenza sanitaria, il senso di incertezza si è amplificato ulteriormente.

Negli anni, la Generazione Y si è rimboccata le maniche e ha cercato di lasciare un segno. Ha reagito alla crisi con la sharing e la gig economy, e si è adattata a contratti più precari e modelli lavorativi più dinamici come le startup. Ha abbattuto barriere spaziali e temporali con lo smart working e ha cercato posti di lavoro creativi e autentici dove potersi esprimere. I Millennial non si sono lasciati influenzare dalla xenofobia e hanno contribuito a creare una società cosmopolita. Inoltre, hanno iniziato a interessarsi alle cause del cambiamento climatico, che diventerà poi un argomento fondamentale per la Generazione Z.        

Tuttavia, questi sforzi non hanno riservato un ruolo di primo piano a questa generazione, che cerca di affermarsi in un tessuto sociale che l’ha spesso esclusa. I Millennial sono stati definiti fannulloni, senza valori e choosy dalle precedenti leve che non si sono mai interrogate su che eredità hanno lasciato alla generazione successiva. Tutto ciò ha generato uno spettro emotivo che si riflette nel digitale e coinvolge diversi ambiti della vita: dalle relazioni sentimentali consumate in uno swipe, all’acquisto compulsivo con un semplice click fino alla bulimia di contenuti disponibili su ogni device.

Tinder e la dopamina: la felicità apparente

L’amore coinvolge le stesse aree del cervello che vengono stimolate dall’uso di sostanze stupefacenti. L’ipotalamo rilascia la dopamina, un neurotrasmettitore che agisce sulla sensazione di piacere, attenzione e ricompensa. Lo stesso procedimento si verifica anche in dimensione digitale: il like di Facebook o il match di Tinder contribuiscono al rilascio di dopamina, che pervade il corpo dei Millennial di un’apparente felicità e fa aumentare l’autostima. Tinder, in particolare, rappresenta l’alternativa alla difficoltà di costruire relazioni durature perché offre una quantità di rapporti usa e getta che alleviano il senso di solitudine. Questa situazione è completamente ribaltata nell’ambiente familiare, in cui i Millennial si sono nutriti spesso di illusioni sul loro futuro, producendo così, una frattura tra la realtà e il digitale.

La frammentazione del tempo dei Millennial favorisce, alcune volte, l’uso di app a sfavore dei tradizionali approcci in luoghi di svago. Vivere in una società caratterizzata da narcisismo e individualità rende necessario un allenamento affettivo per poter riscoprire il piacere di incontrarsi di persona e innamorarsi. 

Amazon e i lovemark: l’affetto per i marchi

Il cervello suggerisce gli schemi di comportamento da attuare deducendoli da esperienze passate. Ecco un esempio: quando si cerca qualcosa su Amazon il cervello riceve uno stimolo che si attiva e funziona da trigger, in questo modo l’attivatore si collega a emozioni presenti nella memoria a lungo termine. Gli store online replicano un processo analogo attraverso i cookie, suggerendo all’utente un profilo di acquisti customizzato. Per i Millennial fare shopping significa innanzitutto stringere una relazione con i marchi, che rispondono all’esigenza di distinguersi e ricercare prodotti personalizzati. In questo modo chi compra vive un senso di esclusività e di appartenenza a una comunità.

Il gesto dell’acquisto è dettato da un fattore emozionale; al contempo, i brand cercano la memorabilità attraverso la produzione di molti contenuti, in modo da lasciare un segno ed emergere tra i competitor. Così si instaura un rapporto di fiducia e affetto che intensifica l’affinità con il marchio, e imbastisce una narrazione emotiva. Un esempio brillante è Apple, che è riuscita a rendere i suoi prodotti uno status a cui molti Millennial non riescono a rinunciare. I lovemark sono brand che toccano e coinvolgono le emozioni dei Millennial, che diventano parte attiva della storia che il marchio vuole raccontare.

Netflix e le web-radio lo-fi: l’impazienza della Snack Culture

Il cervello riconosce l’ambiente e le esperienze già vissute in modo da sapere quali schemi di comportamento adottare. Se, però, si vive in un ambiente sovraccarico di contenuti, il cervello inizia a non riconoscere più le esperienze che si riducono a flussi confusi. Ogni video, informazione o immagine è consumato attraverso appetizer culturali, ovvero brevi anteprime che non sedano la fame di conoscenza, ma solo il bisogno di occupare ogni minuto del proprio tempo. Così la Snack Culture si ciba della Generazione Y.

Netflix e le piattaforme di streaming sono fonti di contenuti divorate dai Millennial, che non hanno appreso i meccanismi di attesa e sono abituati a ottenere subito ciò che desiderano. L’offerta di numerose informazioni crea una paralisi decisionale: i Millennial sono sopraffatti da un senso di ansia.

Anche in ambito musicale si percepisce un senso di angoscia con l’ascolto di web-radio lo-fi che trasmettono il più delle volte brani senza alcuna evoluzione musicale. Un’ipnosi sonora che aumenta il senso di ansia percepito dalla Generazione Y e curato a suon di xanax rap. La musica tappezzeria arreda le pareti dei lavoratori in smart working, che si destreggiano tra ritmi frenetici e assenza di orari per raggiungere i loro ambiziosi obiettivi. 

Il cambiamento dello spettro emotivo

I Millennial hanno vissuto una transizione da analogico a digitale che ha cambiato le loro abitudini in ogni campo: dalle relazioni all’intrattenimento. Le emozioni che derivano da questo cambiamento sono differenti dalle precedenti; hanno nomi diversi che riflettono come il digitale è entrato a far parte della realtà della Generazione Y: 

  • Tinderness – le relazioni sentimentali che si muovono online
  • Amaffection – l’affetto e la fiducia che si prova per alcuni brand
  • Netxiety – l’abbuffata di contenuti consumati su ogni device e in ogni momento

I giorni che stiamo vivendo contribuiranno a un ulteriore cambiamento emotivo per i Millennial, che condivideranno le stesse emozioni con il resto del mondo. 

La quarantena farà riscoprire il valore delle relazioni umane vissute nella realtà, ed evidenzierà quanto il calore emotivo sia necessario per un’esistenza serena. Le code nei negozi renderanno l’attesa un valore aggiunto, e la scarsa reperibilità di alcuni marchi global farà diminuire l’affetto per i lovemark, diversificando l’acquisto e indirizzandolo verso il local. Infine, la grande quantità di tempo renderà l’intrattenimento un bisogno specifico, in modo da ottimizzare e riempire le giornate scandite da nuovi ritmi lavorativi. 

Probabilmente questa pandemia potrà originare un nuovo spettro emotivo per i Millennial, mirato allo sviluppo di una maggior pazienza e un diverso tipo di affetto. E chissà, forse finalmente il cambiamento socio-economico potrà riservare un posto a questa generazione.

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