Il percorso di vita che le generazioni passate hanno dato per scontato – via di casa giovanissimi, nozze e figli – non è più possibile per molti Millennial. Di fronte a problemi economici crescenti e un senso generale di precarietà, in parecchi stanno ritardando il matrimonio, rinunciando alla proprietà di un’auto e, a volte, tornando anche a vivere con i genitori non avventurandosi più nella terra promessa di vita autonoma e percorsi di carriera scintillanti dopo l’università. Ma come siamo arrivati qui?
Non è solo un fenomeno italiano, intanto. Secondo una ricerca condotta da Zillow, il 22% di chi ha tra 23 e 37 anni negli Stati Uniti vive ancora nella casa di famiglia o è tornato dopo un periodo fuori, rispetto all’11,7% nel 2001. Questa ritorno alla casa d’infanzia, ha radicalmente modificato le definizioni di età adulta e della parola successo. Nel 1962, il 90% dei trentenni era stato sposato almeno una volta. Oggi quella percentuale è al 50% negli States. A discolpa della Generazione Y (chiamata in questa occasione anche Boomerang Generation), sono stati anni particolarmente difficili dal punto di vista finanziario rispetto alle generazioni precedenti. Così, stiamo assistendo sempre più a una mentalità Netflix, affittando tutto con un occhio di riguardo contro lo spreco. Tale atteggiamento nei confronti del consumo è alla base anche degli acquisti più essenziali.
L’app di condivisione di generi alimentari Olio, ad esempio, collega gli utenti nella stessa area, consentendo loro di condividere cibo e altri prodotti per la casa. La tagline dell’azienda “da quando è più strano condividere cibo anziché sprecarlo?” risuona con i Millennial desiderosi di minimizzare il loro impatto ambientale e promuovere una società più giusta e sostenibile. Attraverso la tecnologia mobile, l’app sta incoraggiando una sorta di comunità che si sostiene reciprocamente e mira a cambiare la narrativa sul consumo di cibo. Dopotutto, si stima che oltre un terzo del cibo prodotto a livello globale vada sprecato, e poche generazioni hanno una buona comprensione della loro responsabilità ambientale come i giovani adulti di oggi.
L’ascesa della vita intergenerazionale richiede una ricalibrazione di quelle competenze che la società considera “essenziali”. A tal proposito, un’altra conseguenza dell’eco-consapevolezza degli Y è stato il rigetto piuttosto diffuso di avere un auto di priorità, con tanto di aziende come Lyft, Uber e Zipcar che hanno guadagnato su un mercato di giovani cittadini attenti alla convenienza e alla sostenibilità. Una narrazione popolare è che la convivenza intergenerazionale sta producendo una generazione di adulti pigri, fragili e immaturi – ma non tutti sono d’accordo. Altri studiosi invece rifiutano l’idea che sia una generazione incapace; l’ambiente amorevole e premurosi di casa, potrebbe invece renderli più stabili rispetto a chi è più isolato e finanziariamente molto stressato.
Una ricerca pubblicata dall’Università di Waterloo in Canada ha scoperto che mentre le ragioni per cui i giovani adulti tornano a casa sono state ampiamente comprese – il costo della vita / di un affitto, un mercato del lavoro tumultuoso, le bollette – la realtà del vivere con i giovani adulti era notevolmente diversa dagli stereotipi. Lungi dal sopportare le richieste di novelli Peter Pan, molti genitori hanno riferito dei benefici dell’accordo. I giovani e i loro genitori hanno così dimostrato di aver reciprocamente fornito supporto sotto forma di lavoro fisico ed emotivo, facendo emergere un’elevata interdipendenza tra i membri della famiglia.
Come ha evidenziato lo studio, non c’è nulla di intrinsecamente insolito nel vivere con i genitori in età adulta. È ancora un luogo comune in diverse culture. Sotto questa luce, cambiare la narrativa sul vivere in casa è altrettanto importante – e più facile – che dare la colpa ai soliti fattori socio-economici che l’hanno reso una necessità (facendone una vergogna, come scrive Melanie Hamlett per The Guardian).
Alcuni marchi non si sono lamentati di questo cambiamento, anzi, ne hanno approfittato. Ad esempio, negli Stati Uniti Feather offre un servizio in abbonamento per il noleggio di mobili. Il fondatore Jay Reno crede che il suo modello piaccia ai giovani adulti che vogliono creare uno spazio accogliente, ma non vogliono essere incatenati a un mucchio di mobili ingombranti. Oppure la banca Monzo ha dato risposta a un pubblico irrequieto, mobile e con un reddito disponibile limitato. Le sue carte di debito arancioni sono diventate uno status symbol tra i giovani adulti nelle grandi città del Regno Unito, una percezione aiutata dal fatto che, al momento del lancio del marchio, a ogni nuovo cliente veniva regalato un biglietto d’oro – un’opportunità sicura di iscrizione per un amico.
C’è bisogno di comunicazioni che presentino una varietà di possibili modalità di vita, parlando anche ai giovani che assumono un ruolo produttivo e proattivo. I brand potrebbero prendere spunto dal programma “Oman Muotoinen Koti” di Helsinki, che offre ai giovani di età inferiore ai 25 anni un alloggio economico per un anno all’interno della Rudolf Seniors Home della città. Oltre che per quel che riguarda la casa, anche i datori di lavoro sono costretti a confrontarsi con definizioni sempre più fluide di età adulta e indipendenza. In effetti, il luogo di lavoro è spesso il luogo in cui gli stereotipi sull’età risultano più prevalenti e corrosivi. Ci torneremo.