“Non leggere i giornali, informati sui muri” recitava una scritta fatta con lo spray vicino all’ingresso di una vecchia scuola media, ed era così potente dal punta di vista visivo che tutti i ragazzi della scuola rimanevano immobilizzati a fissare quella frase, esaltando in loro un piccolo fuoco rivoluzionario, un nuovo modo di pensare, un’educazione alternativa a quella dei professori. I muri delle città parlano ad alta voce, urlando alla società di reagire, portando alla luce le tensioni di una determinata epoca e cercando di istruire studenti nella più grande e bella aula magna del mondo: la società.
Il “feed” della strada
In questo mondo iper-connesso viviamo in maree di messaggi, persi nell’oceano della Rete: la memoria di un tweet viene dimenticata, come un cinguettio di un uccellino; al contrario, una scritta rimane incisa nel tempo, come se fosse l’impronta dei problemi, lasciando così una traccia marcata nella nostra memoria. Le scritte, con il loro font grezzo, graffiano con verità molte volte estremizzate.
Nel periodo di quarantena abbiamo visto moltiplicarsi le scritte sui muri, alcune con dei gesti di solidarietà come il movimento femminista che pone all’attenzione di un particolare tipo di virus: il patriarcato o come il movimento dei diritti civili dedicando le loro scritte di solidarietà a chi purtroppo è costretto a vivere in una cella sovraffollata, aumentando l’esposizione di contagio del virus e della scarsa qualità igienica degli istituti penitenziari.
I muri sono messaggi di aiuto di una diramazione di un tessuto sociale antagonista alla società predominante, accentuando delle problematiche sottovalutate dalla maggior parte delle persone.
I Reporter del XXVI secolo
Le persone che scrivono sui muri sono state definite in svariati modi: graffitari, writer, imbrattatori, vandali, artisti e via dicendo. Profili di individui che hanno tutti qualcosa in comune: una bomboletta spray in una tasca e tanta adrenalina nell’altra. Questo perché, nonostante il writing sia una controcultura basata sul fare scritte di vario genere su proprietà private (che comunque rappresenta un atto di vandalismo), è articolato in una struttura intricata dove non esistono “leggi” ma codici che ogni artista/vandalo deve rispettare. Ognuno ha il suo spazio, tutti hanno la possibilità di firmare il proprio “articolo”. E no, non si calpesta la scritta di qualcun altro per nessun motivo.
I poeti della street-art sono involontariamente i giornalisti del XXVI secolo. Con i loro titoli sensazionalistici coinvolgono attivamente il lettore a consultare articoli su personaggi ignoti. In particolar modo, durante il lockdown, hanno evidenziato come le infezioni non sono causate solamente dal punto di vista batterico, ma anche da diversi tipi di virus che colpiscono il tessuto sociale maggiormente esposto a complicanze.
Disobbedienza o poesia? Due facce della stessa medaglia
ll writing è un tipo di movimento artistico peculiare poiché è effimero, cioè è destinato con il corso del tempo a svanire. Ma è proprio in questa sua particolarità che il writing può dare il meglio di sé, in quanto manifestazione dei tempi che cambianoe. In grado di rinnovarsi continuamente, può esprimere al meglio le esigenze delle persone e affacciarsi all’anima delle stesse con più attenzione e più attinenza alle loro aspettative, volontà e sensazioni.
Tale arte è in perfetto equilibrio tra poesia e rivalsa civile, tra espressione formale figurativa e arte concettuale – che non si declassa in mero pensiero speculativo dell’opera, è quindi quel giusto equilibrio che fa del gusto e della denuncia, a volte anche provocatoria; una vera composizione artistica.
Guida per una rivoluzione domestica
Con la pandemia, anche le disuguaglianze di genere si sono fortemente accentuate. La casa si riafferma come il centro materiale e simbolico dell’identificazione delle donne. Nella fase della ripartenza e della nuova normalità, il tema sarà ancora più centrale: che siano le donne a doversi fare carico di figli e figlie mentre le scuole sono chiuse è in tanti casi dato per scontato. E per questo il movimento femminista si è mosso subito per combattere un virus ancor più radicato della pandemia stessa: il patriarcato.
Il writing a carattere femminista intercetta la necessità di valorizzare queste lotte, attraverso un processo collettivo di richiesta di parità dei diritti – nonostante l’impossibilità degli eventi di piazza, attraverso scritte di natura tagliente che riscrivono la storia del lockdown. Queste combattenti silenziose utilizzano un canale di comunicazione non istituzionale per dar voce ai quei problemi che il tessuto sociale non riconosce come urgenti, come per esempio il movimento Nonunadimeno – che ha accolto il grido d’aiuto di varie donne, attraverso uno storytelling che ha urlato ad alta voce le disuguaglianze di genere, l’intensificazione della divisione sessuale del lavoro e la violenza maschile domestica.
Il mondo è di chi lo sorveglia
Nel lockdown, mentre il silenzio diventava il padrone della città, la strada donava voce a chi è sempre stato rigettato dalle logiche di solidarietà. E così c’è chi ha scelto di ridisegnare la città a proprio piacimento, manifestando il proprio dissenso su tele infinite di muri. Quarantena o meno, per gli ultimi non è cambiato nulla, esclusi da qualsiasi forma di aiuto: il tavolo da gioco è cambiato ma per loro le regole e obiettivi sono rimasti gli stessi.
Perché il quartiere è di chi lo sorveglia.