Qualche tempo fa un post pubblicato su un gruppo Facebook ha attratto la mia attenzione: una collezione di immagini che mixavano le più recenti app che hanno impattato la nostra vita, con oggetti che prima della digitalizzazione rappresentavano la fruizione di quel prodotto. Una musicassetta per Spotify, una vecchia TV a tubo catodico per YouTube e così via.
L’ennesimo post che giocava sul concetto di nostalgia ha fatto affiorare diverse domande: perché la nostalgia è così presente? La cerchiamo attivamente o la subiamo passivamente? Siamo tutti nostalgici delle stesse cose o le differenti bolle ci propongono mondi passati differenti? Ho sentito l’impulso di approfondire questo tema, partendo dal chiedermi se fossi solo io a vedere questa come una tendenza in crescita.
Secondo la Treccani, la definizione di nostalgia è: desiderio acuto di tornare a vivere in un luogo che è stato di soggiorno abituale e che ora è lontano. Per estensione, stato d’animo melanconico, causato dal desiderio di persona lontana (o non più in vita) o di cosa non più posseduta, dal rimpianto di condizioni ormai passate, dall’aspirazione a uno stato diverso dall’attuale che si configura comunque lontano.
Questa definizione parte dall’etimologia della parola nostalgia, che inizialmente era considerato come un disturbo dei mercenari svizzeri costretti a passare molto tempo lontano da casa. In italiano, la nostalgia ha a che fare con qualcosa che è lontano nel passato, ma in altre lingue può essere una distanza temporale generica, come per esempio saudade in portoghese o sehnsucht (brama) in tedesco.
Su Instagram l’hashtag #nostalgia è usato in oltre 13 milioni di post, in tutto il mondo. Viene spesso associato ad altri # relativi al passato. Spesso è in accoppiata con #throwback, che ci riporta principalmente immagini di selfie. In entrambi è facile trovare immagini di foto analogiche: giocattoli, cartoni animati e videogiochi (nota da approfondire altrove: videogiochi sono una fusione di giocattoli e cartoni). Soprattutto sono istantanee di momenti significativi per la vita delle persone: feste, matrimoni, vacanze, animali domestici…
In maggioranza sono foto di compagnie, quelle che ritraggono persone sole riguardano perlopiù i viaggi. Interessante notare che in alcuni casi ci sono foto di vecchie foto analogiche: momenti dell’infanzia, immagini di curiose mode di abbigliamento, soprattutto legate agli anni 90 (es. “the shipwrecked look”), oppure l’arrivo dell’animale domestico in casa. Sono tutti associati a emozioni positive e di “dolce ricordo”.
Per curiosità faccio un confronto numerico; gli hashtag relativi al passato riportano numeri molto più consistenti che quelli che riguardano il futuro. La motivazione mi sembra abbastanza semplice: mentre è naturale raccontare il passato, invece richiede uno sforzo creativo notevole immaginare il futuro.
Direi che sono in ottima compagnia di grandə nostalgicə. Ma continuo a chiedermi perché lo siamo, che cosa ci spinge a questa sensazione? Mentre leggevo (anzi ascoltavo) Pregiudizi inconsapevoli di Francesca Vecchioni, ho riscontrato bias cognitivi che mi hanno fatto pensare a una correlazione con le percezioni legate alla nostalgia. Eccone alcuni:
:: Rosy retrospection (visione rosea del passato): valutiamo il passato in modo più positivo rispetto al presente e/o futuro.
:: Fading affect bias (effetto sbiadimento): i ricordi associati alle emozioni negative tendono ad essere dimenticati più rapidamente di quelli associati alle emozioni positive.
:: Source confusion: incapacità di ricordare l’esatta origine da cui deriva una memoria del passato. In alcuni casi è anche unito alla falsa memoria, altro bias in cui alcuni ricordi possono essere distorti o modificati senza che ce ne rendiamo conto.
:: Sampling effect: tendenza a considerare come generalizzabili e statisticamente validi dei singoli episodi.
Questi sono solo alcuni, ma credo siano tra i più significativi per il tema. Per approfondire il bias rosy retrospection credo sia utile citare la Teoria dell’aggiustamento temporale nella valutazione degli eventi di T.R. Mitchell e L. Thompson. Secondo questo studio, tendiamo ad avere una percezione più positiva pensando a eventi passati o immaginando quelli futuri, rispetto a quelli che stiamo vivendo nel presente.
Ecco semplicemente spiegato uno degli aspetti più attraenti della nostalgia: se è vero quello che sostengono Mitchell e Thompson, pensare al passato attraverso la retrospettiva rosea aumenterebbe l’autostima e il generale senso di benessere dell’individuo. Inoltre la sensazione nostalgica è potenziata da altri bias, come accennavo prima: rivedere l’immagine di un giocattolo della nostra infanzia fa scattare il ricordo di quando spacchettavamo i regali di Natale da bambini (sampling effect), era il ’90 o il ’91 (source confusion) e ci fa riprovare quella sensazione di felicità per tutti i regali ricevuti (rosy retrospection).
Quindi, volendo ipotizzare di inserire la percezione emotiva data dalla nostalgia nel grafico di Mitchell e Thompson, potremmo ritenere che si posizioni sopra la linea, perché oltre all’aggiustamento temporale si inseriscono gli altri bias che potenziano la percezione positiva e la tendenza ad aumentarla nel tempo. Questa è una mia proposta teorica di come potrebbe essere modificato il grafico:
C’è poi la tendenza a notare oggetti che scompaiono dalle nostre vite: l’evidenza di un mondo che cambia e di cui non siamo in grado di prevedere molto crea incertezza. La nostalgia si inserisce come cura rassicurante.
Questi aspetti, uniti al cambiamento tecnologico che ci permette di avere accesso con molta più semplicità e frequenza ai ricordi del passato, come nota David Berry in un articolo, spiegherebbe la diffusione sempre maggiore di questa dolceamara sensazione.
Grazie alla nostalgia possiamo ricreare a nostro piacere una sensazione di benessere, connessa a eventi del passato che abbiamo vissuto in prima persona e che ci fanno sentire fortunatə e felicə. E i social lo sanno molto bene: ecco perché è stata creata la funzione ricordi su FB. Serve ad attivare sensazioni positive, rendere più piacevole la navigazione sul feed e sensibilizzarci così alle pubblicità trasmesse. A questo punto ho risposto ad almeno due delle mie iniziali domande: cerchiamo la nostalgia perché è una sensazione che ci fa stare bene. Se vediamo foto di persone, oggetti o mode del passato che abbiamo vissuto, abbiamo una sensazione di familiarità, ci sentiamo a casa, ci muoviamo in una zona comfort zone. Ed è così diffusa perché, semplicemente, vende. Benessere, sicurezza, senso di familiarità: il marketing conosce queste leve della nostalgia e le usa a proprio vantaggio.
Resta da capire se siamo tutti nostalgicə delle stesse cose: intuitivamente ogni generazione dovrebbe avere i propri riferimenti di ricordi a cui ancorarsi. Curiosando tra i gruppi Facebook di diversi gruppi generazionali (es. “noi figli degli anni 60” oppure “ma che ne sanno i 2000”) possiamo notare dei riferimenti diversi, non solo nei singoli oggetti del ricordo ma anche nelle categorie che interpretano meglio la nostalgia per ogni generazione.
Baby Boomer
Ciò che incarna il passato e il ricordo nostalgico è di solito rappresentato da immagini in bianco e nero. Ci sono molti riferimenti a canzoni italiane e alla TV, prima che diventasse commerciale. C’è una rivendicazione su quanto fosse più “vero” il mondo della loro infanzia, meno mediato e pervaso dalla tecnologia, più attraversato dal lavoro fisico e dalle lotte di classe per le conquiste sociali. Il topos più conosciuto dei baby boomer sono i meme grafici dei “buongiornissimo caffè”, per cui vengono anche scherniti dagli altri gruppi generazionali.
Il loro riferimento temporale sono gli anni ’60/’70.
Generazione X
La Generazione X sui social tende a confondersi da un lato con i più giovani Millennial, dall’altro con i Boomer. Anche tra loro prevale la linea di pensiero per cui i social e internet hanno guastato le relazioni umane, che nella loro infanzia erano più “vere”. I riferimenti nostalgici sono per i film, i giocattoli (rigorosamente analogici), la lira e le tradizioni che vanno perdendosi, tra cui anche la socialità vis-à-vis, le famiglie “tradizionali” e l’educazione severa.
Il loro riferimento temporale sono gli anni ’80.
Millennial
Rispetto alle precedenti generazioni, si muovono molto a loro agio tra i social: sono creatori e diffusori di meme di vario tipo. Ricordano soprattutto cartoni animati, serie TV, videogiochi, canzoni e gruppi internazionali, oggetti di modernariato tecnologico, ma anche oggetti commerciali e loro pubblicità. Vivono la nostalgia con più leggerezza, prediligono un registro linguistico ironico e autoironico.
Il loro riferimento temporale sono gli anni ’90.