Scuro Chiaro

In Alice attraverso lo specchio di Lewis Carroll, la Regina di Cuori confessa a un certo punto alla bambina che, quando era della sua età, si dedicava ogni giorno, per una mezz’oretta, a pensare a cose assurde. Al mattino, addirittura, riusciva a credere fino a sei cose impossibili prima di fare colazione.

Ricordate il cono di plausibilità? Nella zona più oscura e inesplorata di questo modello, sopravvivono tutti quei futuri che giudichiamo ridicoli, impossibili, o che crediamo non possano mai accadere: pecore che imparano a volare e a trasportare pacchi, furetti che leggono narrativa contemporanea, gufi che traducono dall’italiano al polacco. Queste sono deviazioni dalla normalità che, oltre a non avere probabilità di accadere secondo le nostre conoscenze ed esperienze, acquistano una connotazione decisamente surreale.

Prendiamo un esempio assurdo. Nel film Stuart Little – Un topolino in gamba, diretto da Rob Minkoff, la famiglia Little, recandosi in orfanotrofio, adotta un topolino bianco di nome Stuart al posto di un bambino. Stuart è alto sette centimetri e mezzo, si veste elegantemente e parla come un umano. Assurdo? Sì. Ma, così come in Alice attraverso lo specchio, le premesse impostano le leggi di un mondo narrativo paradossale, sebbene coerente al suo interno, in cui i fatti che si susseguono – tra gatti randagi che complottano e topi che guidano un modellino di spider radiocomandata per le strade di New York – rispettano questa logica insolita.

Anche Edward De Bono, psicologo maltese, è celebre per le sue ricerche sul pensiero creativo e la risoluzione dei problemi, e in particolare per il concetto di “pensiero laterale”. Questo approccio non segue un percorso logico diretto, ma incoraggia l’esplorazione di prospettive nuove e stimola a mettere in discussione ciò che già si conosce. Tra le tecniche suggerite da De Bono c’è l’ars combinatoria: prendere due o più elementi distanti e combinarli per creare qualcosa di nuovo e utile alla soluzione di un problema. Ad esempio, si possono unire elementi del passato e del presente, componenti di settori differenti o persino elementi generati casualmente.

Nel 1970, Bernard D. Sadow, un produttore di valigie del Massachusetts, ebbe un’intuizione rivoluzionaria: osservando un addetto aeroportuale trasportare un pesante carico su un carrello dotato di ruote, immaginò di applicare lo stesso principio alle valigie. Fino a quel momento, pensare a una valigia con ruote appariva quantomeno strano, quasi assurdo e futuristico. Tuttavia, il connubio tra valigia e ruota ha dato vita a un’invenzione che oggi chiamiamo trolley, trasformando il modo di viaggiare in aeroporti e stazioni. Negli ultimi anni, alla valigia sono stati integrati elementi un tempo impensabili, come sensori di localizzazione, connettività Bluetooth e sistemi GPS per evitare smarrimenti o furti.

E in futuro? Con l’avanzare dell’automazione, potremmo vedere valigie in grado di seguire autonomamente il proprietario, o addirittura di muoversi in modo indipendente tra aeroporti e stazioni. Oppure valigie collegate a reti intelligenti, capaci di offrire informazioni sull’itinerario, aggiornamenti in tempo reale e interazione con altri dispositivi. Non resta che aspettare e vedere cosa ci riserverà il prossimo, imprevedibile, passo.

I “futuri assurdi” – quegli scenari che appaiono così improbabili o bizzarri da sembrare frutto della sola fantasia – ci ricordano quanto sia sottile il confine tra immaginazione e realtà. Ciò che oggi appare ridicolo o inverosimile, spesso, riflette una possibilità che non sappiamo ancora interpretare, ma che potrebbe trovare realizzazione grazie a innovazioni tecnologiche e cambiamenti culturali. Dopotutto, le invenzioni che oggi consideriamo comuni sono spesso nate da idee che inizialmente sembravano impossibili: l’aereo, il telefono, internet, la valigia con le ruote. Ognuna di queste invenzioni ha un tempo sfidato il pensiero convenzionale, posizionandosi al di là del cono di plausibilità, proprio come fanno i futuri assurdi.

Queste visioni folli ci spingono, inoltre, a riconsiderare i limiti della nostra conoscenza e a chiederci quali altre incredibili possibilità potrebbero esistere appena oltre la nostra comprensione attuale. Non è forse nel mondo del surreale, come immaginato in racconti e fiabe, che possiamo intravedere possibilità alternative che sfidano l’ordine noto? Ci rendiamo conto che l’assurdo, quando non viene scartato, può essere una preziosa guida verso un cambiamento radicale, portando soluzioni che risolvono problemi complessi e aprono a nuovi scenari.

Questo ci spinge a una riflessione: la nostra idea di impossibile è solo il risultato di limiti culturali e cognitivi? E se quello che oggi ci appare assurdo fosse, in realtà, uno scorcio su ciò che un giorno diventerà ordinario? Man mano che la nostra tecnologia avanza e le nostre prospettive cambiano, le barriere tra il realizzabile e l’impossibile diventano più sfumate, e ci accorgiamo che anche le fantasie più stravaganti possono contenere il germe del futuro. Forse, in fondo, abbiamo solo bisogno di maggiore apertura per accogliere ciò che consideriamo assurdo e, nel farlo, renderlo possibile.

In conclusione, nei Futures Studies, i futuri assurdi sono molto più che semplici paradossi: sono esercizi di pensiero che ci sfidano a rivedere le nostre idee, a esplorare nuovi approcci, e a guardare oltre il limite del conosciuto. Alimentano la curiosità e ci ricordano che ogni idea, per quanto eccentrica, può avere il potenziale per cambiare il mondo – o, perlomeno, il nostro modo di vederlo.

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