Scuro Chiaro

La lingua italiana è da sempre straordinariamente aperta e dinamica: fin dai suoi albori ha accolto influenze esterne, prestiti da altri idiomi e dialetti, lasciandosi plasmare e rinnovare da mode e trasformazioni sociali. Eppure, oggi ci troviamo di fronte a un apparente paradosso: come è possibile che così tanti facciano fatica a comprendere il linguaggio delle nuove generazioni? Perché sembra così difficile accettare le nuove espressioni e i neologismi che questa generazione ha introdotto, al punto che talvolta destano persino timore o disorientamento?

La bravissima Beatrice Cristalli, linguista e formatrice, con il suo Dizionario per boomer. Capire le nuove generazioni (pubblicato da Rizzoli lo scorso settembre) offre una chiave di lettura per sciogliere questi dubbi e favorire un dialogo più fluido tra le generazioni. Il testo, ricco di spiegazioni approfondite e ben documentato, è pensato per tutti coloro che si sentono spaesati di fronte al linguaggio dei più giovani, ma che desiderano comunque stabilire un contatto e comprenderne il significato più profondo.

Cristalli non si limita a elencare semplicemente parole e definizioni, ma invita i lettori, specialmente i cosiddetti “boomer”, a non temere il cambiamento linguistico. Ogni parola o espressione nuova nasconde una storia, un contesto e un’evoluzione che vale la pena esplorare. Attraverso le pagine di questo dizionario tematico, ci mostra come lo slang della Gen Z, e delle generazioni successive, non sia una minaccia alla lingua italiana, bensì un ulteriore esempio della sua naturale capacità di evolversi.

In effetti, l’italiano ha già affrontato simili cambiamenti, accogliendo con il tempo neologismi provenienti da menti illustri del passato: da Dante a d’Annunzio, da Leopardi a Pascoli. Il Dizionario per boomer guida i lettori in questo viaggio linguistico, insegnando ad abbandonare pregiudizi e stereotipi, e a vedere nelle nuove espressioni non una rottura, ma una naturale continuazione della nostra ricca tradizione letteraria.

Qui a BUNS abbiamo scelto il nostro termine preferito, e si trova a pagina 74.

Il maranza è quella figura mitologica, metà tamarro e metà truzzo, che si distingue per uno stile di vita vistoso e sfacciato. Da un lato, incarna il tamarro: amante del kitsch, con abiti appariscenti, scarpe da ginnastica sgargianti e un linguaggio volgare che si sposa con atteggiamenti sopra le righe. Dall’altro lato, richiama il truzzo, con il suo legame alla cultura delle discoteche, indossando magliette attillate, jeans aderenti e accessori vistosi, come catene e bracciali luccicanti. Il maranza si muove tra queste due identità, mescolando estetiche di strada e di club, creando un mix unico di eccessi. Solitamente si aggira in gruppo, con musica trap o techno sparata da casse portatili, sfreccia per le strade su scooter rumorosi o occupa spazi pubblici come piazze e parchi, ostentando con orgoglio il suo stile sfrontato e ribelle. La descrizione di Cristalli, ad ogni modo, è impeccabile.

E aggiungiamo una riflessione intergenerazionale anche noi.

Nell’antica Roma, il maranza potrebbe essere stato un liberto arricchito, un ex schiavo che, una volta ottenuta la libertà, ostentava il proprio nuovo status con abiti eccessivi, gioielli vistosi e comportamenti rumorosi. Durante il Medioevo, il maranza potrebbe essere stato rappresentato da un giullare o un personaggio di corte che, con i suoi vestiti colorati e comportamenti eccessivi, cercava di attirare l’attenzione attraverso battute taglienti, linguaggio sfrontato e atteggiamenti sopra le righe. Nel periodo rinascimentale, il maranza potrebbe essere stato un bravaccio o un “capitano di ventura”, un mercenario che, quando non era in battaglia, ostentava il suo potere e la sua ricchezza con abiti decorati, spade appariscenti e un comportamento rumoroso. Più vicino ai giorni nostri, negli anni Settanta e Ottanta, il maranza sarebbe potuto essere un paninaro, figura emblematica della cultura giovanile italiana di quegli anni. Sarebbe potuto essere anche… un boomer.

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In conclusione, il Dizionario per boomer non è solo una guida pratica per decifrare lo slang dei giovani, ma anche un invito a guardare al cambiamento linguistico con curiosità anziché con paura. In un mondo che evolve velocemente, soprattutto grazie alla spinta delle nuove generazioni, il linguaggio riflette il mutamento continuo dei costumi, delle mode e delle culture. Questo dizionario non si limita a spiegare parole, ma costruisce un ponte tra le generazioni, mostrando come ciò che può sembrare distante e incomprensibile a volte non sia altro che una nuova versione di dinamiche e tendenze che da sempre attraversano la storia della lingua. Capire il linguaggio della Generazione Z significa comprendere il loro mondo, le loro aspirazioni e paure. E forse, scoprire che non siamo poi così lontani.

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