Scuro Chiaro

Come sappiamo, le espressioni di fandom sono diventate sempre più veloci e pervasive grazie alle innovazioni digitali, che permettono interazioni immediate e un flusso costante di contenuti condivisi tra le persone. L’accelerazione digitale ha dato vita a innumerevoli “ship”, teorie dei fan e persino comunità di anti-fan, gruppi di persone che si uniscono per esprimere il loro disappunto o addirittura disprezzo nei confronti di specifiche opere, personaggi o interi universi narrativi. Questi gruppi non sono semplicemente una reazione negativa isolata, ma rappresentano una forma ben organizzata e strutturata di risposta culturale, che spesso mira a smontare o criticare i fenomeni pop della cultura di massa con l’intento di costruire un’identità distinta rispetto al fandom tradizionale.

Le pratiche di anti-fandom assumono diverse forme e possono servire come mezzo per dimostrare una sorta di cultura alternativa, con la quale l’individuo si distingue mostrando di non accettare passivamente un’opera di successo, ma di possedere una prospettiva critica e anticonformista. L’appartenenza a una comunità di anti-fan può quindi veicolare l’idea che l’anti-fan non si lascia trascinare dal consenso di massa, ma possiede una capacità di giudizio personale che spesso si traduce in uno smascheramento di difetti, problemi etici o incongruenze narrative dell’opera. In questo senso, l’anti-fandom può essere visto come una forma di partecipazione culturale inversa, dove la critica serrata di un personaggio o di un’opera offre all’utente la possibilità di rivendicare uno status distintivo e autonomo.

È il caso di Sally Rooney, ad esempio.

Al contempo, va anche riconosciuto che tali pratiche di anti-fandom, specie nell’era dei social media, possono generare episodi di odio o molestie sia online che offline. Il confronto aperto tra fan e anti-fan si trasforma talvolta in vere e proprie battaglie verbali, che sfociano in una polarizzazione delle opinioni. Il desiderio di affermare il proprio punto di vista negativo può spingere alcuni anti-fan a forme di espressione aggressive, amplificate e rese più dannose dai meccanismi di amplificazione della rete.

Dagli esordi della fanfiction online degli anni Duemila e dalle comunità su Tumblr dedicate a fenomeni come Twilight, fino alle accese discussioni su Reddit e TikTok – l’anti-fandom rappresenta una presenza controversa nella cultura pop. Il fenomeno ha una duplice natura: da una parte, il riadattamento creativo di opere e personaggi esistenti, spesso per evidenziare carenze o problematiche delle intenzioni degli autori originali, come nel caso della rappresentazione di personaggi di Harry Potter come afrodiscendenti per porre l’accento sulla limitata diversità etnica dell’universo magico originale. Dall’altra parte, l’anti-fandom è così vario nei suoi connotati da includere anche manifestazioni estreme. Un esempio emblematico su tutti risale al 2006, quando un “anti” tentò di avvelenare la star K-pop Yunho, mettendo della colla nel suo drink.

Un po’ di storia

    Fadeke Adegbuyi, nella sua newsletter Cybernaut, osserva che l’anti-fan è “animato dalla stessa passione dei fan: segue, discute, si ossessiona”, ma con un legame negativo anziché positivo, caratterizzato dall’odio. Anziché un’affezione per un creatore, dunque, vi è un’ossessione contraria. Osservati da una prospettiva neutrale, gli anti-fan offrono un commento costante sulla relazione tra celebrità, cultura popolare e divisioni sociali. Nel 1997, il professor P. David Marshall ha sviluppato il concetto di “commodity celebrity”, in cui le figure celebri vengono analizzate sia come proprietà commerciali che come costruzioni culturali, con una funzione sociale che esercita particolare fascino sui giovani.

    Nel corso della seconda metà degli anni 2010, il concetto di anti-fan ha iniziato a mutare: da una realtà circoscritta – come gli anti tra gli stan del K-pop – a una forma di opposizione più ampia a ideologie e pratiche del fandom. Su piattaforme come Tumblr e LiveJournal, dal 2009 in avanti, si è creata una nuova polarizzazione che ha visto una crescente divergenza ideologica tra le comunità online, opposte agli episodi di trolling e reclutamento da parte dell’alt-right attraverso network di fan.

    Questo aspetto di espressione creativa non è nuovo e, anzi, si collega a una tradizione ben radicata di parodia culturale che risale agli anni Sessanta, quando la controcultura iniziava a sfidare in modo satirico i simboli popolari dell’epoca. Molte riviste, in particolare, giocavano con riferimenti iconici della cultura pop, creando un linguaggio visivo e ironico che ha continuato a influenzare anche l’anti-fandom moderno. Ad esempio, quando i film di Twilight uscirono nelle sale, ricevettero molte critiche da una parte del pubblico che non li considerava “autentici film di vampiri”. Ciò spinse alla nascita di comunità come Twatlight su LiveJournal e Facebook, pensata per ridicolizzare i personaggi, il franchise e i suoi fan. Anche l’umorismo, quindi, svolge una funzione centrale all’interno di questi circoli, contribuendo a definire i confini tra apprezzamento e dissenso.

    Negli anni Novanta, registi come Kevin Smith e Quentin Tarantino introdussero un nuovo modo di esprimere il loro fanatismo per la cultura pop attraverso un’estetica ironica tipica della Generazione X. Tuttavia, questo avveniva prima dell’avvento delle tecnologie digitali che, con la loro forza decentralizzante, hanno permesso ai fan di comunicare e collaborare in modi creativi e su una scala prima riservata ai media istituzionalizzati e ai grandi cineasti.

    Anche la fanfiction ha giocato un ruolo cruciale, anche in epoca pre-digitale. Infatti, si tratta di una pratica che ha avuto origine negli anni Settanta e che si sviluppava mediante scambi postali e incontri alle convention. Con il tempo, una delle sfumature che hanno caratterizzato sempre più il mondo della fanfiction è stata lo “shipping” – abbreviazione di relationship, ovvero l’atto di riscrivere la storia per mettere in relazione sentimentale alcuni personaggi. Nei primi anni, questo fenomeno vide i fan di Star Trek creare storie che immaginavano Spock e Kirk come una coppia, ma fu negli anni Novanta che lo shipping raggiunse una diffusione più ampia. I fan di X-Files, ad esempio, attendevano con impazienza che Mulder e Scully diventassero finalmente una coppia. Questi racconti alternativi e idealizzati generavano spesso conflitti tra i sostenitori delle varie “ship”, soprattutto quando si trattava di coppie omosessuali (le cosiddette slash fic) e di rivalità tra ship contrapposte.

    Il concetto di capitale culturale

    Il fandom è sempre stato legato al capitale culturale, concetto sviluppato dal sociologo e teorico culturale Pierre Bourdieu, che sosteneva che “il gusto classifica, e classifica chi lo esprime”. A questo si aggiunge anche il modello della celebrity commodity: in altre parole, la familiarità con un’opera o un tema specifico può diventare un mezzo di distinzione sociale, attraverso cui i fan esperti si separano dai neofiti e si impongono come “esperti” nella propria comunità. La conoscenza settoriale (vampiri; giovani maghi; hobbit; alieni; etc) alimenta un senso di superiorità culturale, che può trasformare l’anti-fandom in un ambiente potenzialmente tossico, spostando l’attenzione dalla critica dell’opera alla denigrazione dei suoi fan: non si critica più solo l’opera ma si finisce per attaccare chi la apprezza.

    Il confine tra fandom e anti-fandom è molto sfumato. I meccanismi di inclusione e di esclusione tipici del capitale culturale vengono sfruttati sia per rafforzare che per denigrare i membri delle rispettive comunità, mentre l’anti-fandom si evolve in un sistema di controllo e conformismo, dove gli utenti sono spinti a schierarsi e a giustificare la loro posizione. La crescente connessione tra capitale culturale e giudizio sociale può portare quindi a un’escalation di ostilità e pregiudizi all’interno delle comunità online, trasformando quello che una volta era uno spazio di passione e condivisione in un’arena di lotte ideologiche.

    Il ruolo dei social media

    Piattaforme social come Instagram, TikTok e X hanno radicalmente trasformato il rapporto tra pubblico e creatori, offrendo alle persone un canale diretto per interagire con celebrità e artisti, nonché per condividere rapidamente le proprie reazioni. L’immediatezza porta spesso le persone a rispondere in modo impulsivo, senza fermarsi a riflettere. Tale facilità di contatto, se da una parte alimenta un senso di vicinanza, dall’altra rischia di amplificare l’aggressività delle risposte. Parecchi artisti, a periodi alterni, hanno disattivato i propri account a causa delle molestie ricevute da anti-fan e troll. L’uso mirato dei social come veicolo di violenza verbale e attacchi personali (e disinformazione) mostra come il confine tra fandom e anti-fandom possa trasformarsi in un terreno di manipolazione sociale.

    Consigli di lettura