Andare oltre alle vittorie
Che banalità, direte voi: ma è perché ha vinto a Torino, perché sta vincendo tutto, perché è fortissimo, giovanissimo, educatissimo. Certo, tutto vero. Un curriculum così impeccabile che fa quasi rabbia: apparentemente nemmeno un capello fuori posto, nonostante le varie indagini, nemmeno un’intervista con la minima traccia di arroganza.
Ma davvero possiamo farci bastare questo per spiegare il fenomeno Sinner? Sarebbe come spiegare l’esplosione dei Beatles con un semplice suonavano bene. O ridurre l’ascesa di Barbie al cinema a eh, il rosa piace a tutti. Il punto è che Jannik Sinner è diventato un simbolo, e il tennis italiano non si è mai trovato così chic, così cool, così… instagrammabile.
Siamo di fronte a un effetto di quelli che trasformano uno sport in una mania collettiva, che portano persino chi non distingue una racchetta da una padella a improvvisarsi esperto di slice e volée. Insomma, Jannik non sta solo vincendo: sta cambiando le regole del gioco, dentro e fuori dal campo, come per la Generazione X ha fatto Andre Agassi.
[fonte: Instagram]
Il bisogno di un personaggio
Break Point è la docuserie che vuole replicare per il tennis l’effetto di Drive to Survive per la Formula 1: portare nuovi fan, più giovani, più appassionati, più diversificati. Il giugno dell’anno scorso segna il debutto della seconda stagione, in un momento strategico che punta a cavalcare l’entusiasmo pre-Wimbledon. L’idea è chiara: rendere il tennis più umano, più vicino, più “binge-watchabile”. Peccato che, almeno per ora, l’effetto non sia stato esattamente travolgente. Se Drive to Survive ha trasformato la F1 in un fenomeno culturale globale, Break Point non ha (ancora) avuto lo stesso impatto. Perché? Forse perché, al di là delle belle immagini e delle storie personali, mancava quel magnetismo collettivo, quella scintilla. Insomma, mancava un Jannik Sinner. Un personaggio.
Ma il problema va oltre una questione di personaggi: il tennis ha sempre faticato a scrollarsi di dosso quell’aura di esclusività. È troppo bianco, troppo maschile, troppo elitario. Lo dicono le statistiche: attira un pubblico mediamente più anziano, e una base di praticanti che viene ancora troppo spesso da contesti socioeconomici privilegiati. Per i giovanissimi, abituati alla spettacolarità immediata e ai contenuti immersivi che offrono calcio o e-sport, il tennis appare lento, poco accessibile, un po’ vintage. Un problema non da poco, considerando che il ritiro di leggende come Federer, Williams e Nadal, e il declino anagraficamente inevitabile di Djokovic, ha lasciato un vuoto difficile da colmare.
Eppure, proprio qui entra in gioco l’Effetto Sinner. Non è solo una questione di successi sportivi, ma di immagine. Jannik è giovane, moderno, e soprattutto autentico. Non ha bisogno di atteggiarsi a popstar: è la sua semplicità che lo rende cool. E questa nuova generazione di tennisti italiani — da Sinner a Musetti, passando per Berrettini — ha il potenziale di trasformare la percezione del tennis. Non più uno sport per pochi, ma un fenomeno pop(olare).
Le organizzazioni tennistiche lo hanno capito: senza un ricambio generazionale nel pubblico, il rischio è l’irrilevanza. Il Lawn Tennis Association in Gran Bretagna ha lanciato strategie di inclusione, mentre a livello internazionale si lavora per rendere il tennis più accessibile e rappresentativo. E qui Jannik e compagni potrebbero essere il ponte perfetto: giovani, ma con un rispetto per la tradizione del tennis che li rende credibili. Campioni in campo, ma anche ambasciatori di un nuovo modo di vivere lo sport.
[fonte: Google Trends]
La mano data dalla tecnologia
La tecnologia sta cambiando radicalmente il modo in cui il pubblico vive e interagisce con lo sport, e il tennis non fa eccezione. Wimbledon, con IBM come partner tecnologico da oltre 30 anni, ha abbracciato questa trasformazione, integrando funzionalità interattive che rendono l’esperienza più coinvolgente. Un esempio? Durante il torneo del 2022, è stata lanciata una funzione di fan prediction sull’app e sul sito ufficiale, dove le persone potevano prevedere i risultati dei match. Un modo per far sentire i fan parte integrante dell’azione, trasformando la semplice visione di un match in un’esperienza partecipativa.
Questi sviluppi tecnologici non sono solo un capriccio futuristico: rispondono a una domanda crescente dei fan. Anche la tendenza sui format è chiara: il pubblico vuole contenuti brevi, immediati, ma emozionanti. Clip salienti, highlight fulminei e video social sono il cuore pulsante di questa nuova era. che sta contribuendo anche alla crescente popolarità degli sport femminili. Il tennis, con le sue rivalità intense e le personalità forti, si presta perfettamente a questa dinamica. I social sono l’arena virtuale per i fan più accaniti, dove le conversazioni si trasformano spesso in dibattiti politici o in faide accese tra sostenitori di diversi giocatori. Lo abbiamo visto con il caso di Novak Djokovic e le sue dichiarazioni su Kosovo e Serbia, che hanno scatenato un acceso dibattito tra tifosi. I social media, con la loro capacità di amplificare le emozioni, hanno trasformato il fandom in qualcosa di più personale e viscerale, dove non si tifa solo per uno sport, ma per un giocatore in particolare.
Umano spettacolare o spettacolo meccanico?
In questo panorama digitale, figure come Jannik Sinner hanno un’opportunità unica. Giovane, carismatico e con una fanbase in crescita, Sinner è perfetto per catturare l’attenzione di una generazione che vive lo sport attraverso highlight, meme e discussioni sui social. E mentre la tecnologia avvicina i fan ai loro idoli, permette anche di superare alcune barriere tradizionali del tennis: basta una clip spettacolare condivisa su Instagram per trasformare un colpo di Sinner in un evento virale.
Al netto dei detrattori ideologici.
Ecco cosa scrive il critico Carlo Righetti:
E continua sul suo profilo Facebook:
“E qui arriviamo al punto centrale. Sinner non è solo un problema estetico; è un problema sistemico. La sua figura è l’incarnazione di un tennis che glorifica l’efficienza a discapito della creatività. È il prodotto finale di un processo che privilegia la preparazione fisica, la forza mentale, la ripetizione ossessiva, e sacrifica tutto ciò che rende questo sport un’arte.
Pensate ai grandi campioni del passato. Federer era un ballerino, Nadal un gladiatore, Djokovic un escapista. Anche gli imperfetti, come McEnroe, Agassi o Safin, erano eroi tragici, uomini che trasformavano ogni match in un racconto epico. Sinner, al contrario, è un ingegnere del tennis. Costruisce vittorie impeccabili, ma non lascia spazio per il mito.
E questo è pericoloso. Non solo per il pubblico, che rischia di perdere interesse, ma per il sistema stesso. Se il modello di Sinner diventa dominante, il tennis mondiale potrebbe trasformarsi in una fabbrica di atleti impeccabili e intercambiabili, senza più spazio per il talento puro, per l’invenzione, per l’epica.
Sinner vincerà. Molto. E probabilmente dominerà il circuito per anni. Ma il prezzo di questo dominio sarà altissimo. E allora, cari appassionati, dobbiamo chiederci: siamo davvero disposti a sacrificare tutto ciò che amiamo di questo sport sull’altare della perfezione?
Forse il tennis italiano ha trovato il suo campione. Ma ha perso la sua anima.”
C’è poi chi lo difende a spada tratta.
Il passaggio intergenerazionale
Ma cosa succederà ora che il campo è aperto a una nuova generazione di tennisti? Qui entra in gioco l’opportunità di un cambio di paradigma. Il tennis sembra pronto ad abbracciare un fandom più sano e diversificato, con giovani giocatori che rappresentano una ventata d’aria fresca. Si può tifare per un giocatore in un match e per il suo avversario in un altro, spinti dalla semplice ammirazione per un colpo spettacolare o per una performance eccezionale. Questo approccio meno rigido potrebbe favorire l’ingresso di nuovi fan e alleggerire il clima polarizzato che ha caratterizzato l’epoca di Federer, Nadal e Djokovic.
Il passaggio generazionale rappresenta un’opportunità unica per ridefinire il fandom tennistico. Senza il peso delle rivalità storiche e con una nuova generazione di talenti pronti a brillare, il tennis può diventare un simbolo di inclusività e passione condivisa. E chissà, forse potremmo finalmente vedere i social trasformarsi in uno spazio di celebrazione anziché di conflitto, dove ogni colpo, ogni set e ogni match diventa un’occasione per unire i fan, anziché dividerli.