Scuro Chiaro

Ok, non abbiamo scoperto l’acqua calda qui a BUNS, e non è certo un mistero: il cibo è un ingrediente chiave per creare esperienze turistiche memorabili. Dopo una significativa ripresa post Covid, la tendenza si è estesa anche alle bevande. E in questo contesto, è il vino a beneficiare maggiormente della crescita del turismo gastronomico. Questo fenomeno, inoltre, sta contribuendo in modo rilevante allo sviluppo delle economie locali, soprattutto nelle zone rurali dove spesso si trovano le cantine, aree che altrimenti vedrebbero un flusso turistico ridotto.

Solo pochi anni fa, nel pieno dell’emergenza sanitaria, molti temevano che il settore dei viaggi non si sarebbe mai ripreso del tutto. E invece, il risollevamento ha tutto sommato dello straordinario. Secondo il World Travel & Tourism Council (WTTC), questo 2024 si preannunciava come un anno da record, con il contributo economico globale del settore che a fine anno dovrebbe raggiungere l’impressionante cifra di 11,1 trilioni di dollari – consolidando il turismo come uno dei principali motori dell’economia mondiale, responsabile di 1 dollaro su 10 a livello globale. Non solo il settore ha recuperato le forze, ma ha addirittura superato i livelli pre-pandemici, con 142 dei 185 paesi analizzati destinati a battere i loro precedenti record nazionali.

Come dicevamo, le esperienze enogastronomiche sono una delle priorità assolute per molti turisti. L’enoturismo, in particolare, sta emergendo come una fonte di reddito significativa per l’intera l’industria vinicola: genera ogni anno un fatturato di 2,5 miliardi di euro e, non meno importante, incrementa in modo consistente le vendite dirette di vino da parte dei produttori. Ma quali sono gli insight che possiamo rintracciare dietro a numeri, report e fatturati? Noi di BUNS possiamo mappare diversi trend chiave che stanno alimentando la crescita del turismo enogastronomico. Ad esempio, un aumento della spesa discrezionale, in particolare verso esperienze di lusso, e un cambiamento demografico che vede protagonisti Millennial con possibilità economiche e senza figli, orientati verso viaggi esclusivi e autentici.

E ancora: possiamo osservare una crescente preferenza per la cucina locale, rustica e genuina, che si contrappone ai prodotti industriali, proprio perché i viaggiatori cercano sempre più una connessione profonda con la cultura delle destinazioni che visitano. Non ultimo: l’ascesa dei media e dei programmi dedicati al cibo ha giocato un ruolo cruciale nel promuovere questa forma di turismo.

Tra i Paesi interessati non ci sono solo i soliti noti Italia, Francia, Spagna e Portogallo. Nel Regno Unito, ad esempio, il recente boom della produzione vinicola ha portato molti produttori a investire massicciamente in esperienze gastronomiche, dagli abbinamenti con formaggi e salumi locali, fino a esperienze culinarie più elaborate nei ristoranti collegati ai vigneti. Un esempio è il ristorante stellato con la Green Star Michelin Tillingham, produttore di vino naturale dell’East Sussex, aperto tutti i giorni. I suoi menu degustazione a cinque portate valorizzano i prodotti dell’orto della tenuta e degli agricoltori locali, il tutto abbinato ai vini prodotti direttamente nel vigneto accanto. Quello che succede già da tempo nelle nostre Langhe e Monferrato, per fare un esempio italiano su tutti.

Una recente ricerca spagnola evidenzia come il turismo del vino non solo promuova l’apprezzamento culturale delle aree circostanti, ma incoraggi anche pratiche ambientali sostenibili. Un esempio significativo lo ritroviamo nell’isola greca Santorini, dove l’enoturismo ha contribuito a preservare terreni con vigneti secolari che rischiavano di essere venduti a costruttori immobiliari. Inoltre, l’enoturismo svolge un ruolo fondamentale nella diversificazione dell’offerta turistica, specialmente in regioni che soffrono di sovraturismo, come Spagna, Italia e Grecia. Attirando visitatori verso aree meno battute, allevia la pressione sui siti più affollati e distribuisce in modo più equilibrato i benefici economici del turismo.

Attrarre turisti può essere un’opportunità preziosa per le piccole imprese, che possono così diversificare i flussi di reddito, oltre a assaggi, tour e matrimoni. Ad esempio, Alain Blachon, proprietario del Domaine de la Bouvade in Provenza, permette agli appassionati di vino di gestire a distanza una parte del suo vigneto per un’intera annata. Grazie all’app MyViny, commissionata da Blachon a una società di Grenoble, le persone da casa possono coltivare virtualmente dodici viti della varietà scelta, monitorando il processo tramite smartphone o computer.

E ancora, in Portogallo la rinomata cantina Fitapreta, ad esempio, offre ai visitatori l’opportunità di partecipare alla raccolta delle uve per 185€, rendendo l’attività agricola parte integrante dell’esperienza turistica. Pagare per vedemmiare? Sì, avete capito bene; quello che già proponeva nel 2014 Sting in Toscana.

Come di dice oggi: è un’experience.

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