In un contesto globale di instabilità continua le case stanno diventando molto più che semplici rifugi. Le persone cercano non solo sicurezza e comfort, ma anche modi per esprimere la propria individualità e sperimentare creatività nei loro spazi abitativi. Se da un lato la praticità rimane essenziale, dall’altro cresce il desiderio di unicità e gioco nell’arredare le proprie abitazioni.
Le tendenze recenti dimostrano che questo spirito creativo sta prendendo piede ovunque, dall’arte culinaria al design d’interni. In Nigeria, ad esempio, l’uso di ingredienti alternativi nelle ricette classiche si sta diffondendo, favorito dalla crescente popolarità di elettrodomestici potenti che permettono di sperimentare in cucina. IKEA, invece, ha risposto alle richieste della classe media thailandese, che in gran parte è disposta a investire in prodotti per la casa personalizzati, con edizioni limitate ispirate alla vita di strada locale. Con l’aumento del numero di persone che vivono da sole, cresce anche la libertà di usare decorazioni più giocose e un design su misura per affermare la propria identità.
Per approfondire il tema dell’arredamento d’interni e del design per le nostre case, oggi qui a BUNS ospitiamo Carlotta Berta, un’ingegnera edile che, nel 2013, ha deciso di seguire la sua passione per il design. Tre anni dopo ha fondato unprogetto, un punto di riferimento che risponde a due delle sue necessità principali: progettare e imparare. Anche se potrebbe sembrare una pentita del mondo dell’ingegneria, Carlotta non rinnega affatto la sua formazione. I cinque anni trascorsi al Politecnico di Torino le hanno insegnato il valore del processo progettuale, che rimane alla base del suo lavoro.
unprogetto rappresenta un omaggio alle sue scelte professionali e, al contempo, alle sue capacità. Carlotta si occupa di progettare case, locali, negozi e altri spazi che richiedono un approccio progettuale ben definito. Lavora ascoltando con attenzione le esigenze dei clienti, trasformandole in soluzioni realizzabili e personalizzate. Attraverso il blog unprogetto, Carlotta mantiene un contatto costante con le aziende, scopre nuovi prodotti e si aggiorna sulle ultime tendenze del settore, condividendo le sue conoscenze e offrendo sempre spunti innovativi.
E allora, abbiamo davvero più bisogno di circondarci di colori e forme giocose? Abbiamo definitivamente abbandonato il minimalismo e i beige?
Carlotta Berta: Vorrei dirti che sì, abbiamo definitivamente e finalmente abbandonato il minimalismo e il beige, ma purtroppo no, non ce li siamo ancora lasciati alle spalle. Ci sono ancora tantissime persone che scelgono il beige per paura di sbagliare e di stufarsi. Penso che sia un retaggio vecchio, ma che ancora pervade moltissime case.
Io, personalmente e professionalmente, cerco di convincere i miei clienti a indagare le loro passioni e i loro interessi, per realizzare case che raccontino qualcosa di loro e, proprio per questo, non li stanchino.
Sicuramente però, da parte delle nuove generazioni (che però, ahimé, sono ancora lontane dall’arredare la loro prima casa), c’è la voglia di invertire questa tendenza e portare colori e forme giocose nell’arredo.
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Brand come Lick, un’azienda britannica di vernici di design, mettono in risalto le abitudini casalinghe dei loro clienti, mentre altre propongono mobili modulari e multi-funzionali per chi vive in spazi più piccoli, offrendo soluzioni pratiche senza sacrificare lo stile.
La praticità e l’accessibilità economica rimangono elementi essenziali nella creazione di spazi abitativi che non solo soddisfano esigenze quotidiane, ma offrono anche una tela su cui le persone possono esprimere sé stesse e trovare comfort. In Giappone, il brand Nitori risponde con soluzioni abitative estremamente pratiche e convenienti, offrendo prodotti iper-localizzati pensati per soddisfare le specifiche esigenze delle famiglie asiatiche. Analogamente, IKEA ha adattato la sua offerta per andare incontro alle nuove esigenze dei consumatori filippini, che un tempo preferivano un arredamento massimalista, ma ora si orientano verso soluzioni salvaspazio, soprattutto in risposta alla crescente domanda di unità abitative in condomini. Questo cambiamento riflette una tendenza globale verso abitazioni più piccole e funzionali, dove ogni metro quadrato deve essere utilizzato al meglio senza sacrificare lo stile.
Una domanda forse un po’ ingenua, ma è più semplice progettare spazi piccoli o spazi grandi? Come cambia il tuo approccio progettuale?
CB: Sai che non so risponderti. Forse mi sento di dire che è semplice progettare case di dimensioni giuste per i loro abitanti.
Una casa grandissima in mano a un minimalista single è difficile da progettare quanto un piccolo trilocale vissuto da una coppia di collezionisti. Le difficoltà sono diverse, ma ci sono in entrambi i casi. Se con le case grandi bisogna porre attenzione a valorizzare ogni angolo e bilanciare vuoti e pieni, con le case piccole il focus dev’essere lo spazio contenitore, che deve essere abbastanza, ma non troppo da soffocare.
Direi che comunque in ogni caso si tratta di trovare equilibrio tra spazi vivibili e spazi contenitori, tra funzionalità ed estetica, di nuovo tra pieni e vuoti.
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Muji sta affrontando una questione sociale molto importante nelle comunità giapponesi dei “danchi” (complessi residenziali), dove il design e l’architettura giocano un ruolo cruciale nel contrastare l’isolamento sociale. Attraverso progetti di ristrutturazione, Muji si impegna a migliorare e preservare gli spazi abitativi nelle periferie urbane, creando ambienti che favoriscano le connessioni sociali e abbattano le barriere generazionali. Questo tipo di interventi non solo migliora la qualità della vita, ma promuove un senso di appartenenza e comunità, vitale in un’epoca di crescente solitudine urbana.
Qual è il ruolo emozionale ed emotivo della suddivisione degli spazi e dell’arredamento che scegliamo per le nostre case?
CB: La casa è la nostra terza pelle, ha un ruolo emotivo importantissimo nella nostra vita. Per questo la ristrutturazione viene vissuta da molti come uno dei periodi più stressanti della vita.
Io penso che ci sia una relazione tra noi e le nostre case: noi le progettiamo a nostra misura e a nostra immagine, ma poi loro plasmano noi e le nostre abitudini.
Una cosa che faccio ogni volta in fase di progettazione è farmi raccontare dai miei clienti la loro giornata tipo: questo mi serve per poi immaginarli nei nuovi spazi, con nuovi percorsi e nuove abitudini.
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Nonostante un contesto economico difficile, le persone continuano ad avere sogni, progetti e grandi aspirazioni per le loro case. Anche i marchi di lusso nel settore della moda, tra cui Ralph Lauren, Versace, Louis Vuitton e Fendi, si sono espansi nel mondo degli articoli per la casa per soddisfare il desiderio della Gen Z di uno stile di vita curato e raffinato. Allo stesso tempo, gli indiani più facoltosi scelgono articoli per la casa di alta gamma prodotti localmente come veri e propri investimenti, con brand come SHIVAN & NARRESH che rispondono alla richiesta di design autentici e dal grande impatto estetico.
A proposito di lusso. Bisogna per forza avere un cospicuo budget per migliorare i nostri spazi abitativi?
CB: Assolutamente no! Spesso per migliorare i nostri spazi abitativi la prima cosa da fare non è aggiungere, ma togliere.
Ci capitano spesso in studio semplici consulenze di restyling: con una chiacchierata di due ore aiutiamo i nostri clienti a capire cosa nella loro casa gli crea problemi e li aiutiamo a riordinare, con interventi piccoli come decluttering, colore a parete ed eventualmente l’acquisto di piccoli accessori.
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L’integrazione della tecnologia domestica con il design d’interni è un ulteriore esempio di come, a diversi livelli di prezzo, le persone siano disposte a investire nella creazione di case che soddisfino i loro standard aspirazionali. Se in passato un grande televisore era considerato uno status symbol, oggi tecnologie all’avanguardia e “invisibili”, con soluzioni personalizzate e “nascoste”, rappresentano una nuova forma di aspirazione, incarnando l’estetica della tecnologia integrata e discreta.
Durante questi anni di lavoro, hai notato differenze generazionali rispetto alle età dei tuoi clienti e alle loro esigenze?
CB: Non sempre devo dire: mi sono capitati clienti della mia generazione (Millennial) che mi hanno fatto richieste che, detto tra noi, neanche mia nonna; e persone della Generazione X che invece hanno osato moltissimo. Purtroppo per ora non mi è mai capitato di progettare case per la GenZ.