Scuro Chiaro

Tratto dal libro Futuri imperfetti. Raccontare il futuro con le storie.
di Alice Avallone – Franco Cesati Editore

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Siamo abituati a visualizzare il futuro come una linea dritta, a volte appena tratteggiata, in precisa continuità con il passato e il presente. La rappresentazione lineare del tempo non è del tutto esatta perché suggerisce un progresso costante e prevedibile, un percorso definito che è diretta conseguenza della nostra esperienza attuale. Riduciamo il futuro a una mera serie di eventi che seguono una logica di causa ed effetto, ciascuno costruito sul fondamento di ciò che è venuto prima. Una simile prospettiva, però, non sempre cattura la complessità e l’imprevedibilità della vita. […] Mentre una linea retta offre un senso di sicurezza e ordine, la realtà è spesso più simile a un groviglio di possibilità interconnesse, un reticolo di sentieri che si biforcano e si intersecano, creando una miriade di futuri potenziali. E sbrogliare la matassa non è semplice. […]

I cambiamenti di direzione che si verificano nel corso del tempo sono comunemente definiti trend. Possono riguardare la sfera individuale oppure quella comunitaria, e abbracciare una vasta gamma di ambiti, per esempio la moda, la tecnologia o l’economia. In quest’ultimo caso, rappresentano le tendenze emergenti – o già dominanti – che influenzano i comportamenti, le opinioni e le scelte delle persone. Se volgiamo la nostra attenzione al passato, i trend possono essere identificati analizzando gli eventi storici, i movimenti culturali e le trasformazioni sociali che hanno caratterizzato determinati archi di tempo. […] Se invece volgiamo il nostro sguardo al presente, possiamo individuare i trend attraverso l’analisi dei dati di mercato, delle tendenze di consumo e dei comportamenti delle persone nelle diverse aree della vita quotidiana. E se, infine, stiamo cercando di captare il futuro, i trend possono essere intercettati con anticipo attraverso la previsione e lo studio delle dinamiche sociali e culturali in corso, anche grazie al generoso aiuto delle intelligenze artificiali che stiamo addestrando.

Quando facevo le elementari molti miei compagni venivano a scuola con le tute Adidas, quelle con le tre strisce iconiche lungo i lati dei pantaloni e delle giacche. Erano immediatamente riconoscibili, e molto di moda. A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, la cultura hip-hop e lo stile di vita sportivo stavano crescendo in popolarità. Erano anni in cui gli atleti sponsorizzati dal marchio, come i giocatori di basket e di calcio, insieme a celebrità della musica e dello spettacolo, spesso indossavano quelle tute nei loro video musicali, nelle pubblicità e durante gli eventi pubblici. Le tute Adidas facevano parte di una più ampia tendenza della moda streetwear dell’epoca, che stava diventando sempre più gettonata tra giovani e giovanissimi. Ne ero molto affascinata, e diventai presto anche io vittima di quel trend, tanto da chiedere insistentemente ai miei di comprarmene una. Alla fine mia mamma, da sempre allergica alle convenzioni e alle uniformità di costume, me ne comprò una al mercato a un prezzo ben più accessibile, che tuttavia, anziché avere tre strisce, ne aveva solo due: un “tarocco” rispetto alla versione autentica, certo, ma alla fin fine indossare una tuta che si avvicinava allo stile dei miei compagni di classe mi faceva sentire parte del gruppo. Erano gli albori della moda athleisure, parola che nasce dalla fusione di “athletic” (atletico) e “leisure” (tempo libero), in grado di combinare elementi sportivi con altri più casual. Tuttavia, la diffusione delle tute ha rappresentato un punto di svolta nella moda, un cambio di direzione. In una parola, un trend. […]

A distanza di tre decenni, la pandemia del 2020 ha riacceso la popolarità della moda athleisure, per via del fatto che molte persone lavoravano da casa ed erano alla ricerca di un abbigliamento comodo e presentabile. Ma il recente ritorno alla moda anni Novanta è un fenomeno più ampio e multi-sfaccettato, alimentato dalla nostalgia dei Millennial per un periodo di vita spesso idealizzato e ricordato con affetto. In fondo, è piuttosto comune idealizzare il passato, vedendolo come un’epoca migliore rispetto al presente. Si tratta di un “retrospective bias”, una sorta di revisione dei fatti: guardando indietro, qualcuno di voi potrebbe ricordare i propri anni scolastici, o quelli dell’ingresso nel mondo del lavoro, come meno stressanti e più gratificanti di quanto fossero in realtà, ad esempio. Allo stesso modo, oggi quegli anni sono visti come un periodo relativamente stabile e prospero, soprattutto in confronto ai tempi successivi, segnati da crisi economiche, terrorismo ed emergenze sanitarie, nonché come un momento di transizione verso l’era della globalizzazione e di Internet. Il mondo era in bilico tra vecchio e nuovo. Un altro fatto importante è da attribuire alla cultura pop: gli anni Novanta hanno prodotto una vasta quantità di musica, serie TV e film iconici, dai Nirvana alle Spice Girls, da Friends a Beverly Hills 90210, da Pulp Fiction a Forrest Gump. Console di gioco come il Nintendo 64 e la PlayStation, così come i modellini di automobili Micro Machines, i cavallini dalla criniera fluente My Little Pony e le bamboline microscopiche Polly Pocket, evocano ancora oggi ricordi positivi.

Remake, reunion, reboot e revival stanno mantenendo viva la nostalgia per quel decennio. Su Instagram e TikTok si vedono spesso contenuti che celebrano quella cultura pop tra le nuove generazioni: abbigliamento oversize, gilet e cappotti di pelliccia sintetica, tributi ai Backstreet Boys, lettori di cassette, videocassette e telefoni cellulari retrò. Casio ha lanciato l’orologio Baby-G a tema Pikachu; ColourPop Cosmetics ha presentato linee di make-up con cartoni animati storici come Sailor Moon, Hello Kitty, Barbie e PowerPuff Girls, in Italia conosciute come le Superchicche.  Possiamo dunque dedurre che, senza ombra di dubbio, gli anni Novanta hanno in sé una forte qualità memetica. Si tratta di un termine che si riferisce alla capacità di un’idea, uno stile, un’immagine o un concetto di diffondersi rapidamente e ampiamente attraverso la cultura e la società, spesso grazie alla condivisione tra persone, o all’imitazione. […]

I trend sono in salita o in discesa, a seconda della capacità – o meno – di diffondersi rapidamente e di adattarsi a diverse situazioni e contesti culturali; se ciò accade, diventano virali, e influenzando le opinioni, le abitudini e i comportamenti di una vasta audience. Le challenge su TikTok o su altre piattaforme social spesso diventano trend memetici. La Ice Bucket Challenge del 2014, in cui le persone si versavano un secchio di ghiaccio e acqua sulla testa per sensibilizzare sulla sclerosi laterale amiotrofica (SLA), è diventata virale e ha ispirato molte persone a partecipare. Con la stessa dinamica, anche le frasi o le citazioni da film, serie TV o canzoni popolari che vengono reinterpretate o riproposte in contesti diversi, possono acquisire una qualità memetica. Ad esempio, citazioni come “che la forza sia con te” da Star Wars, o “sono il re del mondo!” da Titanic, sono diventate meme popolari. Movimenti sociali come #MeToo e Black Lives Matter si sono nutriti di una forte qualità memetica, attraverso la condivisione di immagini, hashtag e storie personali in grado di diffondere consapevolezza e mobilitare le persone su questioni di giustizia sociale e diritti umani. I trend culturali e sociali, in particolare, riflettono le preferenze e le aspettative di una generazione o di una società in un dato momento.

Capire tali fenomeni può aiutare a prevedere come cambieranno le esigenze e le priorità nel tempo. Le tendenze possono manifestarsi in vari modi: in aumento, in diminuzione o con un ritorno ciclico. Le tendenze in aumento si riferiscono a fenomeni o pratiche che sono agli albori e stanno guadagnando popolarità e adesione nel tempo. Un esempio: il recente aumento dell’interesse per la sostenibilità e i prodotti ecologici. Le tendenze in diminuzione, al contrario, indicano fenomeni o comportamenti che stanno perdendo popolarità o che stanno gradualmente cadendo in disuso. Questo fenomeno può essere dovuto a cambiamenti nelle preferenze dei consumatori, nuove scoperte scientifiche o innovazioni tecnologiche che rendono obsoleti certi prodotti o pratiche, come l’uso diminuito di telefoni cellulari con tastiera fisica a favore dei modelli touchscreen. E poi ci sono le tendenze cicliche, che si riferiscono a modelli o stili che mostrano una periodicità nel loro ciclo di vita, tornando regolarmente in voga dopo periodi di obsolescenza o disinteresse, come i già citati anni Novanta. Il discorso vale anche per i brand, e in particolare per i cosiddetti love mark, ovvero quei marchi che sono riusciti a creare nel tempo una connessione emotiva profonda e duratura con i propri consumatori, confermata di generazione in generazione.

Invicta, per citarne uno tra i tanti, è un marchio iconico che ha attraversato diverse fasi di popolarità nel corso dei decenni, evidenziando chiaramente la ciclicità delle tendenze. Il brand, noto soprattutto per i suoi zaini, ha avuto momenti di grande successo e altri in cui è stato meno presente sul mercato, per poi ritornare con forza. Nata in Inghilterra nel 1906 come azienda produttrice di sacchi per la marina militare e borse in juta, è passata nel 1926 a un artigiano torinese. Ma è solo dagli anni Ottanta che gli zaini Invicta diventano un must per gli studenti italiani. La loro robustezza, il design accattivante e la capacità di essere personalizzati con scritte e adesivi li rendevano molto popolari. In quel periodo, avere uno zaino Invicta era sinonimo di essere alla moda e ben attrezzati per la scuola. Il brand aveva una forte presenza nelle scuole e nelle università, diventando un simbolo di status tra i giovani. Con l’inizio del nuovo millennio, Invicta ha cominciato a perdere terreno: la concorrenza con nuovi marchi e l’evoluzione delle tendenze della moda hanno portato a un declino, e la sua presenza sul mercato è diminuita. Negli ultimi anni c’è stato un significativo ritorno di interesse per questo brand, grazie soprattutto alla nostalgia degli adulti che erano bambini o adolescenti negli anni d’oro dell’azienda. […]

Scrivere di tendenze significa intercettare le caratteristiche memetiche che le rendono dinamiche, prima ancora di considerarle nel contesto più ampio del futuro.

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