Scuro Chiaro

Il Power Slap è il nuovo fenomeno che sta scuotendo il mondo dello sport e dei social media. Un misto di spettacolo crudo e violenza immediata che si manifesta in una sfida in cui gli atleti si schiaffeggiano a turno fino al KO. Ma cosa c’è dietro questo “sport”? Perché attira milioni di spettatori? E quali sono le implicazioni psicologiche e fisiche?

Il fascino brutale dello schiaffo

“Mi prudono le mani… ti tiro una pizza in faccia… hai proprio una faccia da schiaffi.” Espressioni come queste rievocano un’ironia amara che, nel Power Slap, si concretizza. Nato nel 2022 da un’idea di Dana White, già noto per il suo ruolo nella UFC, il Power Slap è già diventato un business milionario. Con quartier generale a Las Vegas e una strategia mediatica aggressiva, questo “sport” ha conquistato i social, accumulando milioni di follower e interazioni.

Eppure, la sua popolarità solleva domande profonde: perché ci affascina tanto vedere qualcuno colpito così duramente da cadere a terra?

Un’attrazione primordiale

Secondo Edoardo Giordano, psicologo dello sport di Torino, il fascino del Power Slap è radicato nella natura umana. “Come ai tempi del Colosseo, siamo attratti dalle dimostrazioni di forza e resistenza. La brutalità spettacolare ci colpisce a livello istintivo, soprattutto quando è amplificata da una comunicazione visiva studiata ad hoc.”

Questo è il “sensation seeking”, un fenomeno psicologico che descrive la ricerca di emozioni forti. Nel caso del Power Slap, però, questa spinta emotiva è veicolata da immagini di violenza pura, prive del contesto etico e tecnico tipico di altri sport.

Sport o intrattenimento pericoloso?

È difficile considerare il Power Slap uno sport nel senso tradizionale del termine. Mentre discipline come il karate o il judo valorizzano il rispetto per l’avversario e la tecnica difensiva, il Power Slap si basa esclusivamente sulla capacità di infliggere e sopportare dolore. Il risultato è un confronto che elimina ogni logica di protezione: uno schiaffo ben assestato può causare traumi cranici, commozioni cerebrali, o peggio.

Un business senza etica

Dietro la popolarità del Power Slap si nasconde una macchina economica ben oliata. Video in slow motion, highlights drammatici e una narrazione costruita per enfatizzare la resistenza estrema degli atleti hanno reso questo sport virale. Ma a quale costo?

La risposta è evidente nelle nuove generazioni, particolarmente vulnerabili. I più giovani, senza gli strumenti critici degli adulti, rischiano di emulare il Power Slap, trasformando un fenomeno mediatico in un comportamento imitativo pericoloso.

Edoardo Giordano, torinese e psicologo dello sport, incarna la perfetta unione tra passione per la mente e amore per lo sport. Cresciuto tra le strade di Barriera di Milano, ha sviluppato un approccio cognitivo-comportamentale che applica per supportare atleti di ogni livello. Si concentra su temi come l’ansia da prestazione, la gestione delle emozioni e la sincronizzazione mentale, mirando a trasformare lo sport in uno strumento di crescita personale.

“Da psicologo,” afferma Giordano, “mi sento in dovere di sconsigliare questa pratica. Gli atleti del Power Slap affrontano traumi fisici certi, mentre negli sport di combattimento tradizionali, le regole mitigano i rischi. È fondamentale aiutare i giovani a comprendere i pericoli di uno sport che non offre alcun beneficio per la salute o la crescita personale.”

Giordano aggiunge che molti sportivi, compresi quelli impegnati in discipline dure come MMA o Kickboxing, investono nella preparazione mentale per migliorare le prestazioni e gestire lo stress. Questa componente manca totalmente nel Power Slap, dove tutto si riduce a un’esibizione di forza bruta.

Verso quale futuro?

Il futuro del Power Slap sembra essere segnato da un’ulteriore spettacolarizzazione. Con l’ingresso di Dana White nel consiglio di Meta, è probabile che il fenomeno diventi ancora più virale. Già si ipotizza l’introduzione di script per teatralizzare gli incontri, trasformando gli atleti in personaggi iconici, come accade nel wrestling.

Ma il rischio più grande è che la linea tra intrattenimento e violenza reale continui a sfumare. La riflessione è amara: “Nel mondo ideale, il Power Slap non esisterebbe. La realtà, però, è che il business della violenza spettacolarizzata continuerà a crescere, sfruttando le debolezze della psiche umana.”

Una scelta consapevole

In un contesto dove il Power Slap spopola sui social, è cruciale promuovere un approccio consapevole allo sport. Non si tratta solo di scegliere discipline che favoriscano il benessere fisico e mentale, ma anche di educare le nuove generazioni a riconoscere i pericoli nascosti dietro fenomeni mediatici come questo.

In definitiva, la vera forza è quella di dire no a uno “sport” che celebra il danno fisico, scegliendo invece attività che uniscano divertimento, salute e rispetto per sé stessi e gli altri.


L’intervista integrale a Edoardo Giordano

Torinese e torinista, granata vero, come molte persone di questa città ha origini del Sud. Da piccolo è cresciuto in Barriera di Milano, dove si sono sviluppate in parallelo le passioni per la mente e per lo sport. Perché non unirle per farne una professione unica? Ed eccolo qui: psicologo, sportivo e psicologo dello sport (SFERA coaching).

Daniele Carbone: Edoardo, in qualità di psicologo, come ti spieghi così tanta gente appassionata di Power Slap?

L’interesse verso queste competizioni può essere spiegato sulla base della nostra innata attrazione verso le sfide fisiche.

Una questione di DNA?

Sì, un fascino primordiale nei confronti delle dimostrazioni di forza e resistenza tra esseri umani. Come ai tempi del Colosseo. In più mettici dei video volutamente realizzati per spettacolarizzare l’immediata e semplice brutalità dello slap fighting e hai conquistato il pubblico. Soprattutto quello maschile, che ormai vuole vedere anche le donne combattere fra di loro. Come nel Power Slap.

Perché questi atleti accettano di dare e ricevere schiaffi in faccia?

Penso siano persone che, oltre ad amare lo scontro fisico diretto e la sfida di resistenza al dolore, ricercano sensazioni sensoriali estreme. A livello scientifico questo fenomeno si chiama sensation seeking e, in maniera minore, riguarda anche lo spettatore abituale.

Ok le emozioni forti, ma qui c’è la possibilità di farsi molto male. Non pensi che la prospettiva di un lauto compenso possa motivare queste persone a diventare atleti Power Slap?

Sì, in queste persone, anche la ricerca del fattore economico può essere fonte di adrenalina per rendere la competizione ancora più entusiasmante e sopportabile.

Ci tengo però a sottolineare, come questi atleti mettano sempre a rischio la loro salute, dato che, a differenza di altre discipline da combattimento, dove l’obiettivo è colpire un avversario in movimento e che può quindi parare i colpi, qui lo schiaffo è dato in piena faccia ad un bersaglio fermo privo di protezioni; e questo può essere molto pericoloso per chi viene ripetutamente colpito da mani spesso molto grosse e cariche dell’enorme peso dell’avversario. Non c’è possibilità ma certezza di farsi del male. E molto.

Edoardo, cosa ne pensi della preparazione mentale negli sport di combattimento?

Sempre più fighters stanno comprendendo l’importanza della preparazione mentale di un atleta agonista, e ripeto agonista, quindi impegnato in gare ufficiali, magari con l’obiettivo di diventare un atleta professionista. Personalmente seguo diversi atleti di MMA e Kick Boxing, alcuni di loro hanno iniziato dopo un trauma o una difficoltà specifica mentre altri hanno iniziato da giovanissimi per poter migliorare le proprie prestazioni fin da bambini. Chi si rivolge a professionisti della mente solitamente aumenta le proprie performance e si ritrova ad avere un’arma in più quando entra in gara.

Se fossi io un tuo atleta, come potresti seguirmi?

Per lavorare insieme, avrei bisogno di capire su quale aiuto specifico focalizzarmi: ansia da prestazione, demotivazione, gestione della sconfitta e delle emozioni, problemi di concentrazione e di sincronia nel flow, ovvero il qui e ora della prestazione sportiva, oppure disparità fra le prestazioni in gara rispetto a quelle in allenamento. Una volta individuata l’area di intervento, diventa più semplice capire quali tecniche utilizzare nel lavoro di preparazione mentale.

Le più frequenti sono quelle per il rilassamento tramite la respirazione e l’autoipnosi oppure quelle per l’analisi delle emozioni e dei traumi, come il tapping.

Se fossi un atleta di Power Slap, con la paura di farmi male, come agiresti nei miei confronti?

Da amante degli sport di combattimento ti inviterei a considerarne degli altri.

La boxe, il karate, il judo e tutti gli sport di lotta tradizionali non nascono con l’idea di far del male all’avversario. Proprio per questo, i colpi sono molto regolamentati e spesso la vittoria viene decretata attraverso il meccanismo dei punti. Come nel calcio, nel basket, nel rugby e negli altri sport di contrasto, la fase di contatto diretto fra gli atleti può portare, purtroppo, all’infortunio che resta una possibilità da preventivare ma non il fulcro della competizione. Ripeto, nel Power Slap il farsi male è una certezza. Da psicologo quindi, mi sentirei in obbligo di aiutarti ma per capire quali sono le motivazioni che ti spingono a praticare uno sport che mi sento di sconsigliare.

Grazie Edoardo, questa cosa che gli psicologi ti aiutano a non farti del male è rasserenante. A proposito, secondo te c’è uno sport che più di altri favorisce la serenità mentale?

Tutti gli sport tradizionali, e l’attività fisica in sé, possono aiutare a migliorare lo stato umorale e il benessere mentale a 360 gradi. Non c’è una ricerca che abbia mostrato come uno sport sia più efficace di altri nel favorire la serenità di un individuo, solo ricerche che mostrano i maggiori benefici dell’attività fisica svolta all’aperto rispetto a quella indoor. L’importante, quindi, è fare attività fisica costante, 2 o 3 volte a settimana, anche a bassa intensità come una camminata veloce.

Perché l’aspetto mentale è una componente della pratica sportiva?

Perché siamo un insieme di corpo e mente e se alleniamo il corpo sia dal punto di vista atletico che nutrizionale, anche la mente ha bisogno di cure e allenamento. Solo così possiamo esprimere le migliori prestazioni sportive. Questa evidenza viene confermata sempre più spesso dagli stessi atleti professionisti. Tra gli ultimi, Mattia Perin, portiere della Juventus e della Nazionale, che ha recentemente rilasciato un’intervista pubblica proprio su questa tematica.

Riuscire a vivere lo sport in maniera serena e appagante, ha delle ripercussioni sulla vita extrasport? E viceversa?

Assolutamente sì. Lo sport permette il rilascio di endorfine, i neurotrasmettitori che legandosi a recettori specifici del SNC, stimolano sensazioni di piacere e benessere, riducendo il dolore, e regolando la risposta allo stress e all’ansia. Vien da sé che tutti questi benefici possano aiutare a gestire meglio gli imprevisti e gli ostacoli della vita privata e lavorativa. Viceversa, imparare a lasciar fuori i problemi della vita extrasport durante la pratica sportiva, ci garantisce maggiore soddisfazione e ricarica per la vita di tutti i giorni.

Se avessi proposto queste domande ad altri psicologi, avrei ottenuto risposte simili o molto diverse?

Per ciò che riguarda il Power Slap spero risposte simili: come psicologi abbiamo un codice deontologico che, in teoria, va rispettato sconsigliando la pratica di uno sport del genere.

Sull’approccio alla professione invece, ogni collega crea il suo metodo di intervento partendo da approcci generali più ampi.

A me piace molto quello cognitivo comportamentale: se c’è un comportamento disfunzionale, si agisce con un percorso di poche sedute mirate alla risoluzione di quel comportamento disfunzionale specifico.

Un approccio da tifoso del Toro direi!

Sì dai, mettiamola così.

A proposito, hai sentito? Il Toro è stato appena venduto. I nuovi proprietari hanno dichiarato che la Champions deve tornare ad essere un obiettivo del Toro.

Certo. Poi è suonata la sveglia, il sogno è finito e ti sei svegliato.

Esatto ma senza sveglia, solo uno schiaffo! Grazie Edoardo.

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