Scuro Chiaro

di Roberta Bruno,
Alessandra Castiglione
e Maria Francesca Rubino

Anno nuovo, nuova puntata

Il pandoro-gate e la separazione di Chiara e Fedez sembravano aver sancito la fine della favola della royal couple all’italiana. Il 2024, infatti, è stato per loro un anno da profili bassi nel tentativo di ripulire la propria immagine profondamente compromessa dagli eventi. Ma il risultato non è mai riuscito a pieno anzi, in acque calme e silenziose, qualsiasi movimento di uno dei due membri della ex coppia ha ridestato l’attenzione del pubblico: dal dibattito sull’etica nelle operazioni di marketing e l’uso della beneficenza come strumento promozionale, al dissing tra Tony Effe e Fedez, tutto a conferma dell’ossessione parasociale ormai sviluppata dai fan, allenati a commentare qualunque avvenimento legato alla coppia.

Tuttavia, il 2024 sembrava essere finito in serenità anche per loro; senza pandoro, è vero, ma con una pregiata bottiglia di champagne per inaugurare il nuovo anno. Tutto liscio, finché, con un ottimo tempismo, Fabrizio Corona non ha risvegliato i rumors avvelenando l’immagine di una delle storie d’amore più seguita di sempre, dandoci in pasto proprio quello che (mai) avremmo voluto sapere su di loro: il tradimento sin dal principio.

Il clamore della notizia è indubbio, ma stavolta porta in sé qualcosa di insolito. Il pubblico non si è diviso, protendendo da una o dall’altra parte, ma si è attivato per ricercare e verificare quel dubbio insinuato dal “re dei paparazzi. Come un’unica grande comunità collaborativa è andato alla ricerca di indizi e conferme, spulciando le tracce digitali disseminate nel tempo dalla coppia. Ma osserviamo da vicino questo nuovo nostro comportamento da social detective.

Gli investigatori dei social,
il nuovo atteggiamento degli utenti

Se un tempo il gossip era atteso dall’alto e recepito passivamente, oggi ne è altamente reattivo: il pubblico partecipa attivamente alla costruzione della notizia. Ogni utente cerca indizi, connessioni se non addirittura anticipazioni, partecipando all’indagine mediatica come un detective digitale, e questo perché ha gli strumenti e gli elementi adatti a farlo.

Le radici di questo fenomeno affondano profondamente nel successo del genere true crime, dove la realtà si intreccia con la narrazione e invita gli spettatori a non essere più semplici consumatori, ma partecipanti attivi. In questo genere, gli utenti si trovano davanti a casi reali, accompagnati da documenti autentici, video e testimonianze, che permettono loro di immedesimarsi nel ruolo di detective. Non si tratta solo di seguire una storia, ma di analizzare, ricostruire e, in alcuni casi, persino cercare di risolvere enigmi rimasti irrisolti.

Questo approccio investigativo, mosso dalla curiosità e dalla ricerca della verità, ha trovato una nuova dimensione nel mondo del gossip. I social media, con la loro capacità di avvicinare il pubblico alle vite delle celebrità hanno trasformato lo scroll distratto in una missione investigativa a tutti gli effetti. Gli utenti non si limitano più a osservare da lontano: esplorano, confrontano e analizzano frammenti di informazioni – post, video, interviste – cercando di mettere insieme i pezzi di un puzzle sempre più complesso.

In questo contesto, il confine tra il privato e il pubblico si dissolve. La vita delle celebrità non è più solo una serie di eventi scintillanti, ma un vero e proprio caso aperto da discutere, dibattere e sezionare come gli indizi su una scena del crimine.

Il pubblico si sente legittimato a scavare nelle incongruenze, leggere tra le righe e scoprire retroscena. Così, il gossip si evolve: non è più solo intrattenimento, ma un’esperienza immersiva e partecipativa, dove la realtà si mescola con l’interpretazione personale e collettiva. In questo nuovo scenario, come nel true crime, ogni vicenda diventa un’indagine sociale condivisa, in cui milioni di persone si uniscono per cercare una verità. Cosa che potrebbe non esistere.

Perché l’hype si concentra sempre sui Ferragnez?

Non è un caso che questa nuova tendenza investigativa si sia manifestata a pieno proprio nel caso Ferragnez. L’influencer ed il rapper sono andati oltre l’essere semplici celebrità: sono stati in grado di trasformare in brand se stessi, raccontandosi quotidianamente sui social, nei concerti, nelle interviste e persino nelle crisi, come hanno mostrato nel documentario incentrato sulla loro vita.

La loro esposizione mediatica ci ha permesso di sviluppare un senso di familiarità, coinvolgimento e appartenenza, che spiega l’ossessione collettiva attorno alla loro rottura. La grande quantità di contenuti condivisi dalla coppia, e che ci permetteva di seguire ogni loro minimo movimento, insieme all’alto grado di partecipazione che ne è conseguito, ci hanno legittimato ad andare alla ricerca della verità.

Questo meccanismo psicologico – noto come parasocial relationship – giustifica il legame unilaterale che il pubblico crea con le celebrità esposte mediaticamente. Ci affezioniamo a loro come ai nostri amici, e quando qualcosa non va tutto si ripercuote su milioni di follower. Insomma i Ferragnez ci immergevano nel reality delle loro vite assuefacendoci alla narrazione che decidevano di darci di loro. Ma quello che sembra essere accaduto è che abbiamo cominciato a parlare di loro in autonomia.

Seguendo questa corrente, molti utenti online hanno iniziato a creare contenuti, prevalentemente ironici, con video del passato che assumevano un significato nuovo alla luce di quanto detto da Corona, confermando i sospetti.

[su TikTok: qui https://vm.tiktok.com/ZNeogc4p9/]

[su TikTok, qui: https://vm.tiktok.com/ZNeogsLtN]

Tutto questo, come una profezia rivelata a posteriori ha giocato con la percezione del pubblico, facendoci accarezzare l’idea che una narrazione diversa fosse possibile. Dove c’era un grande senso di certezza, adesso c’è una voragine da ricostruire: e se quello che dice Corona fosse vero, quale sarebbe la versione reale su questa storia?

What if: fino ad oggi abbiamo
creduto alle cose sbagliate?

L’analisi retrospettiva dei contenuti a disposizione del pubblico ha permesso alla rete di costruire una sorta di “inchiesta sociale digitale”, ricostruendo in modo collaborativo una verità parallela – di cui non siamo certi ma che, alla luce degli indizi a disposizione, è altrettanto plausibile. Un recente e significativo esempio di quanto sta accadendo all’ex coppia più amata d’Italia è il “caso Puff Daddy”. Un fenomeno di portata globale che ha attivato migliaia di utenti, spingendoli a ripescare vecchi video e dichiarazioni degli artisti coinvolti nello scandalo, costruendo così una serie di ipotesi e narrazioni ramificate a partire da un singolo evento.

Il Cluedo social: l’istinto investigativo
tra curiosità e giustizia popolare

I social media rappresentano ormai il principale terreno di gioco per il dibattito pubblico, ma in questa vicenda i classici tribunali digitali – Instagram , TikTok e X –  hanno assunto la fisionomia di sale d’inchiesta virtuali in cui milioni di utenti, come in Cluedo, si trasformano in investigatori, analizzano prove, confrontano versioni e cercano verità, diventando parte attiva nella costruzione della storyline di un gossip. A spingere gli utenti verso il nuovo atteggiamento o bisogno di investigare sono diversi fattori.

1) La curiosità. Ammettiamolo, chi non ama avere tutti i dettagli di una storia? Soprattutto se il suo epilogo è drammatico come nel caso dei Ferragnez! Ma il principale effetto collaterale della parasocial relationship consiste nel fatto che il pubblico non si accontenta più delle versioni ufficiali, piuttosto vuole i retroscena, i dettagli inediti, gli indizi che sfuggono ai media tradizionali… Così, una sempre più crescente diffidenza nei confronti dei giornali spinge gli utenti ad agire in proprio, ricostruendo verità tramite foto, video ed altri contenuti resi disponibili dal mondo iperconnesso.

2) Il senso di giustizia collettivo derivante da una maggiore consapevolezza di come l’universo dei social sia dominato da finzione e narrazioni distorte e fuorvianti. Il pubblico si sente così investito da una sorta di missione morale, cercando di smascherare menzogne o far emergere verità nascoste, adottando strategie sempre più sofisticate per analizzarle ed evidenziare eventuali incongruenze.

3) Gli strumenti: l’analisi delle timeline è tra le tecniche più diffuse: confrontando post, dichiarazioni e foto, riescono a individuare discrepanze temporali che potrebbero rivelare contraddizioni o manipolazioni. Ma anche i dettagli visivi vengono passati al setaccio! Basta un riflesso negli occhiali di una celebrità o uno sfondo poco familiare in una foto per far partire un’indagine su dove e quando è stata realmente scattata l’immagine. Un altro strumento chiave è la ricerca incrociata delle fonti: gli utenti mettono a confronto dichiarazioni ufficiali con post di insider, video virali e articoli giornalistici, cercando di ricostruire la versione più credibile dei fatti.

4) Il crowdsourcing: i forum, come Reddit e gruppi Telegram, diventano vere e proprie centrali investigative, dove migliaia di persone collaborano, condividendo informazioni e ipotesi per ricomporre il puzzle di uno scandalo mediatico.

Fabrizio Corona,
narratore inaffidabile ma credibile

E poi c’è lui: Fabrizio Corona, l’eterno outsider del gossip italiano, che in questa vicenda svolge un ruolo centrale. L’uomo che ci piace e non piace, dal passato controverso, fatto di scandali, condanne e dichiarazioni estreme ma che quando apre bocca catalizza l’attenzione. Nonostante la sua reputazione, Corona continua ad essere considerato una fonte attendibile. E questo paradosso è estremamente affascinante.

Non più fotografie rubate, ma rivelazioni, ricostruzioni e dichiarazioni shock, è questa la nuova strategia di Corona! E quando si tratta di indiscrezioni sulle celebrità, la sua voce ha un peso mediatico enorme. È il re delle tempistiche, dei modi, e dei contenuti. Ai limiti dell’etica morale, l’ex paparazzo ha costruito su di sé una nuova figura, quella di novello Arcangelo Gabriele – come dichiara lui stesso a Francesca Fagnani in Belve – il cui compito è quello di portare alla luce tutte le verità che altrimenti rimarrebbero celate, tra cui i segreti che cambieranno la storia. Manca poco a Sanremo e manca ancora meno alla sua annunciazione, dopodiché: cosa rimarrà dei Ferragnez?

Ogni voce protagonista è portatrice della propria versione, ma a quale narrazione ci affideremo e, soprattutto, a quale sceglieremo di affezionarci? Dopo le rivelazioni che attendiamo con impazienza, ci saranno ancora dichiarazioni che troveremo credibili, o ogni parola diventerà solo un tassello in un mosaico di versioni contrastanti?

Forse la nostra mente investigativa sarà momentaneamente appagata, ma la ricerca non si fermerà. Per ogni verità rivelata, ci saranno nuovi indizi, nuove interpretazioni e nuove domande che ci spingeranno ancora più a fondo nel labirinto delle possibilità. In questa costruzione collettiva ogni elemento può trasformarsi in colpo di scena che ci spingerà a trovare nuove strade, connessioni e significati.

Una, nessuna, centomila verità

Come autori di narrazioni alternative e creatori di senso, ognuno di noi continuerà a portare avanti una propria versione, forse quella a cui siamo più affezionati o che ci convince di più in base ai nostri giudizi e conoscenza delle cose e, perché no, in base anche alle nostre esperienze e a quanto sappiamo della vita. Forse non c’è “una verità”, ma esiste il prodotto delle storie che costruiamo, in cui scegliamo di credere e raccontare.

In un mondo in cui il gossip si fonde con il true crime, in cui i social sono diventati acceleratori per la raccolta di indizi, ogni utente è già autore, detective e giudice, e quello checonta è il divertimento in questo gioco in cui ci cimentiamo. D’altronde, le verità possono essere tante quante le narrazioni che facciamo di loro. E, da quello che stiamo vivendo, ogni utente sta cercando – e soprattutto creando – la propria. Chi sa, però, se i Ferragnez avevano previsto anche questo, e soprattutto se gli staranno bene le milioni di storie che, stavolta, noi sceglieremo di dire di loro.

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Roberta Bruno (1993) Giornalista professionista, esperta di comunicazione e storytelling, con una solida formazione filosofica in morale e gnoseologia. Si è occupata di comunicazione per la formazione e la divulgazione, con particolare attenzione ai temi di etica, sostenibilità e innovazione. Ha ideato e curato per Il Quotidiano del Sud le rubriche Lontano da, incentrata sul fenomeno dell’emigrazione meridionale, e Techne – Progettare il futuro, dedicata alla digitalizzazione e al ruolo strategico della formazione. Affronta ogni progetto con spirito critico e attitudine alla ricerca, unendo la capacità analitica della filosofia alla concretezza del giornalismo e della comunicazione strategica. Attualmente frequenta il master in Tecniche di narrazione presso la Scuola Holden.

Alessandra Castiglione (1998) ha studiato Lettere e Filologia Moderna all’Università di Catania, dove ha approfondito lo studio della lingua, della letteratura e delle dinamiche comunicative. Da sempre affascinata dal mondo della comunicazione, nutre un forte interesse per le diverse sfumature del linguaggio e il potere della narrazione, strumenti essenziali per comprendere e raccontare il mondo. Dopo la laurea magistrale, spinta dal desiderio di esplorare a fondo le strategie dello storytelling, ha deciso di intraprendere un master in tecniche di narrazione presso la Scuola Holden di Torino.

Maria Francesca Rubino (1997) ha studiato Economia Aziendale, proseguendo poi con una laurea magistrale in Marketing. Dopo gli studi ha lavorato per diverse agenzie di comunicazione e recentemente ha collaborato come coautrice alla scrittura del romanzo Il ragazzo dai pantaloni rosa. Nell’ultimo anno ha deciso di approfondire il legame tra scrittura e narrazione del brand, frequentando il master biennale presso la Scuola Holden di Torino.

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