Scuro Chiaro

Lo dico da madre

La genitorialità è cambiata profondamente negli ultimi decenni, ma siamo sicuri che sia cambiata in meglio? Assia Neumann Dayan, nel suo libro Lo dico da madre (2023, Linkiesta Books) ci invita a riflettere su come i metodi, i valori e le aspettative dei genitori abbiano subito trasformazioni radicali, soprattutto mettendo a confronto Baby Boomer e Millennial. Ecco allora che sorge la domanda: era davvero meglio quando si crescevano i figli senza troppe “chiacchiere” e con poche, solide regole?

I Baby Boomer, cresciuti in un’epoca senza troppi fronzoli, facevano i genitori con un piglio deciso, educando i figli a forza di disciplina, rispetto per le autorità e – diciamocelo – poche e chiare regole che nessuno si sognava di contestare. Era un mondo dove il “perché no?” non trovava risposta e “perché lo dico io” bastava e avanzava. L’obiettivo? Tirare su ragazzi responsabili, che crescessero con un senso di dovere e, soprattutto, senza mai mettere in dubbio il potere decisionale dell’adulto di casa. Si stava insieme a tavola, e lo schermo più grande era quello della TV, che si spegneva per fare conversazione.

Poi arrivano i Millennial, e la genitorialità fa un’inversione a U. Addio autorità e disciplina, benvenuti comunicazione empatica e parental coaching. Il genitore Millennial punta sulla collaborazione, sul dialogo aperto e sull’educazione “flessibile” – che tradotto significa che è il bambino a decidere cosa si fa, quando e come. I Millennial portano i bambini ovunque, dal ristorante gourmet al coworking (lavorano e accudiscono nello stesso luogo, come una cosa sola), e con l’ossessione dei giochi di legno in palette, dello schermo e della tecnologia, ci si ritrova a ragionare su quanti minuti di tablet possa usare un figlio… all’anno.

Dalla quarta di copertina:

Una mattina ti alzi, ti guardi allo specchio, e sei tua madre. Ma prima di quel giorno hai pensato alla maternità e ne sei convinta: tu sarai una mamma diversa, sarai spiritosa, iscriverai tuo figlio a un corso di scacchi. Userai solo fibre vegetali: per vestirlo e per nutrirlo. Soprattutto, sarai amica di tuo figlio. In un’epoca, la nostra, in cui tutto è monetizzabile, cliccabile, instagrammabile, la maternità è diventata un tema centrale. Perché per la maternità è come per i funerali: ci sarà sempre mercato. In un’epoca, la nostra, in cui per ogni concetto esiste un corso, pendiamo dalle labbra di specialisti del sonno e nutrizionisti per l’infanzia: non sarà per convincerci che avere un figlio sia come non averlo, che fare la stessa vita di prima sia possibile? Ci prepariamo ai figli studiando tutta la teoria: ha l’aria di essere un esorcismo consolatorio e deresponsabilizzante. Ma la genitorialità non ha a che fare specialmente con la responsabilità e, sì, col senso di colpa? Assia Neumann Dayan fa uno sforzo di memoria: cos’era la maternità prima di Instagram, prima delle lobby del sonno, e del metodo Montessori? L’eccesso di informazioni in cui sguazziamo, più che altro anneghiamo, ci ha reso più consapevoli o più cretini (oppure, ma questa è solo un’ipotesi, più confusi)? Vogliamo davvero saperla, la risposta?

Questo approfondimento comparativo, ispirato alle riflessioni ironiche dell’autrice, vuole esplorare come la genitorialità dei Millennial sembri l’opposto di quella dei Baby Boomer: dalla serietà granitica di una volta a un mondo in cui le regole si discutono e il “tempo di qualità” si misura in minuti. Certo, ognuno ha il suo stile, ma non è male chiedersi: era davvero così sbagliato dire solo “no”, senza tante spiegazioni adultizzanti?

Seguiremo la titolazione di alcuni capitoli del libro.

Prima del parto

“Com’è possibile che la società di oggi si sia evoluta nonostante fino all’altro ieri non esistesse una festa dove tagli una torta e se dentro è rosa aspetti una femmina e se invece è azzurra sarà un maschio?” (p.15)

Millennial

Per i genitori Millennial, il “gender reveal” è diventato quasi un rito di passaggio, una festa socialmente condivisa in cui l’annuncio del sesso del nascituro non è solo una notizia per la famiglia, ma un evento che coinvolge amici, parenti e follower. Tagliare una torta o scoppiare un palloncino per scoprire un colore è solo uno dei mille modi creativi per mettere in scena questo momento, che spesso viene documentato e condiviso sui social con grande entusiasmo. Dietro a questi eventi, c’è un senso di celebrazione comunitaria, una voglia di coinvolgere gli altri e di trasformare ogni momento speciale in un’occasione di connessione. In fondo, i Millennial vivono in una cultura in cui il valore della condivisione è centrale, e ogni tappa della genitorialità può diventare uno spettacolo che viene raccontato in tempo reale.

Baby Boomer

I genitori Baby Boomer si troverebbero forse a chiedersi: “Ma è davvero necessario?”. Cresciuti in un’epoca in cui le notizie personali rimanevano principalmente private e le celebrazioni erano più contenute, i Baby Boomer potrebbero percepire queste feste come un eccesso. Per loro, il sesso del bambino era un’informazione da condividere con i familiari più stretti, senza necessità di palloncini o di riti elaborati. C’era anche un senso di praticità: se lo scoprivi, bene; altrimenti, si poteva tranquillamente aspettare il giorno della nascita.

Le fotografie

“Dopo la nascita è tutta una tensione imitativa verso Anne Geddes con i bambini vestiti da cavolfiore. Come fanno questi bambini vestiti da cavolfiore a stare fermi? Vengono sedati? (p.19)

Millennial

I genitori Millennial hanno elevato la fotografia neonatale a una vera e propria forma d’arte, ispirandosi a stili minimalisti e a palette dai toni pastello, dove ogni dettaglio è perfettamente curato e coordinato. I loro album sono pieni di immagini professionali, con i neonati addormentati in pose studiate, avvolti in morbide coperte dai colori tenui, immersi in sfondi neutri che esprimono serenità. Questi scatti, diffusi poi sui social, raccontano una storia di delicatezza e intimità. In un certo senso, queste immagini sembrano voler immortalare l’innocenza e la perfezione della prima infanzia in modo quasi etereo, come se ogni foto dovesse essere una piccola opera d’arte.

Baby Boomer

I Baby Boomer hanno avuto un approccio decisamente più spontaneo e senza pretese riguardo le foto dei bambini. Cresciuti in un’epoca in cui ogni scatto doveva semplicemente catturare l’attimo, senza preoccupazioni di palette o pose, preferivano vestirci con colori sgargianti, pigiami a righe e maglioncini fatti in casa. I loro album di famiglia sono pieni di foto senza filtri, dove i neonati sono immortalati con flash sparati, espressioni buffe, vestiti casualmente e a volte in posa, altre no – spesso sbadiglianti o pronti a scappare dall’inquadratura. Per i Boomer, il valore della fotografia risiedeva nella spontaneità, nella capacità di cogliere il momento reale, più che in un’estetica accuratamente costruita.

Il parto

“Negli ultimi anni è esploso il concetto di parto positivo, perché la grande novità di questa epoca è che per ogni concetto esiste un corso.” (p.27)

Millennial

Per i genitori Millennial, il parto è spesso vissuto con una combinazione di ansia e consapevolezza, alimentata da una cultura che offre corsi per ogni aspetto dell’esperienza. La preparazione non si limita più a un corso preparto generale; oggi troviamo corsi per il “parto positivo”, lezioni su come gestire il dolore in modo naturale, laboratori sulla respirazione e persino workshop sulla mindfulness applicata alla sala parto. La paura del parto si affronta attraverso una preparazione meticolosa, quasi come fosse un evento da pianificare nei minimi dettagli. I Millennial tendono a cercare di “prendere il controllo” su questa esperienza, desiderando vivere un parto quanto più positivo e sereno possibile, spinti anche dalla pressione culturale verso una maternità che deve essere sempre consapevole e “perfetta”. Questa molteplicità di corsi rispecchia, in fondo, un’epoca in cui nulla viene lasciato al caso e tutto va approfondito per sentirsi davvero pronti.

Baby Boomer

I genitori Baby Boomer avevano un approccio più diretto e forse meno “personalizzato” al parto. Nella loro epoca, i corsi preparto erano pochi e soprattutto informativi: si imparavano le basi su cosa aspettarsi, magari qualche esercizio di respirazione, ma tutto rimaneva piuttosto essenziale. Il parto era visto come un evento naturale, con le sue paure e difficoltà, ma da affrontare senza un surplus di preparazione. C’era la consapevolezza che il dolore fosse parte dell’esperienza e che, in qualche modo, ci si sarebbe arrangiati. Molte mamme Boomer raccontano di aver affrontato l’arrivo dei figli in modo meno formale, affidandosi alle proprie capacità e al sostegno del medico e della famiglia. In un certo senso, per i Boomer, l’idea di un “parto positivo” non necessitava di un corso: era una parte della vita da affrontare con il coraggio e il pragmatismo che caratterizzava molte scelte di quegli anni.

L’allattamento

“C’è un’attenzione che non mi sembra normale (…) verso questo mistico ricongiungimento con il naturale: ci sono ostetriche che consigliano di partorire in casa, esperte che ti dicono di allattare a termine (…), naturopati che sconsigliano le vaccinazioni, nutrizionisti per neonati vegani, quelli che ti dicono di dormire con il bambino (…)” (p.33)

Millennial

C’è una forte spinta verso un “ritorno alla natura” che incoraggia il parto in casa, l’allattamento a richiesta e persino a termine, ovvero per anni, fino a che il bambino lo desideri. Consigli e indicazioni provengono da una pletora di esperti – naturopati, ostetriche, nutrizionisti per neonati vegani – tutti volti a creare un’esperienza genitoriale il più possibile in armonia con il “naturale”. Questo approccio è spesso accolto dai Millennial come una risposta al bisogno di autenticità e semplicità in un mondo sempre più complesso e iper-tecnologico. Tuttavia, dietro questo desiderio di naturalezza c’è anche una pressione significativa: seguire questo ideale può risultare impegnativo e comportare scelte difficili, come decidere di non vaccinare o di rinunciare a supporti più moderni, creando a volte anche conflitti con il mondo medico e con le generazioni precedenti.

Baby Boomer

Per loro, il naturale non era tanto un’ideologia, quanto piuttosto una serie di scelte basate sul buon senso e la convenienza. Per esempio, l’allattamento veniva incoraggiato ma senza pressioni; se la madre sceglieva di passare al biberon per comodità o necessità, la scelta era accettata senza troppe questioni. Gli esperti erano i pediatri e i medici di famiglia, che offrivano indicazioni più generali, senza proporre percorsi “alternativi”. I Boomer vedevano la tecnologia come un supporto, dalle culle ai metodi di alimentazione artificiale, e in genere si affidavano con fiducia alla scienza medica piuttosto che a approcci alternativi. Per loro, la genitorialità non richiedeva necessariamente il “ritorno alla natura”, ma piuttosto un equilibrio tra il naturale e le soluzioni pratiche e moderne a disposizione, che rendevano la vita di una giovane famiglia un po’ più semplice.

La teoria del biscotto rotto

“Nel 2023 a nessun genitore viene in mente di dire quello che veniva detto a noi, cioè che ci sono bambini che muoiono di fame (…). Con la genitorialità dolce adesso bisogna non solo capire che il rifuto deriva dalla non corrispondenza tra la realtà e l’idea del biscotto (…) ma dobbiamo pure capire che il piagnisteo è la conseguena di un accumulo di frustrazioni (…).” (p.47)

Millennial

La cosiddetta “genitorialità dolce” è un approccio in cui l’ascolto e la comprensione emotiva del bambino diventano priorità assolute. Invece di limitarsi a dire “no” davanti a una richiesta irragionevole o a un pianto insistente, i genitori Millennial si sentono in dovere di entrare nel mondo interiore del bambino, cercando di capire le ragioni più profonde dietro ogni singolo capriccio o piagnisteo. Così, quando il bambino si dispera perché il biscotto non è “come lo voleva lui,” la reazione non è semplicemente quella di mettere fine al dramma, ma piuttosto di analizzare la fonte della frustrazione e spiegargli perché si sente così. Se da un lato questo approccio è pensato per crescere bambini empatici e consapevoli delle proprie emozioni, dall’altro può far apparire i Millennial più esitanti nel fissare limiti chiari, spesso per la paura di danneggiare l’autostima o di apparire autoritari.

Baby Boomer

I genitori Baby Boomer avevano un rapporto molto più diretto e fermo con il concetto di “no”. Quando un bambino faceva un capriccio per il cibo o per qualsiasi altra questione, l’argomentazione classica era semplice e immediata, come il celebre “ci sono bambini che muoiono di fame”. Il “no” era percepito come un elemento educativo naturale, una lezione di rispetto e di realismo, senza dover necessariamente entrare nei dettagli psicologici di ogni singolo malcontento. La frustrazione era considerata parte del processo di crescita e un’opportunità per insegnare resilienza. I Boomer tendevano a vedere l’autorità genitoriale come un fondamento importante e non sentivano la necessità di giustificare ogni decisione. In questo senso, per loro imporsi non significava necessariamente “ferire” o “limitare” il bambino, ma dare struttura e chiarezza, elementi che aiutavano a distinguere il mondo degli adulti da quello dei più piccoli.

Montessori

“Ovunque ti giri, perlomeno a Milano, è tutto un asilo montessoriano, un centro estivo montessoriano, un campus intensivo montessoriano.” (p.57)

Millennial

Per molti Millennial, l’approccio Montessori risponde al desiderio di evitare imposizioni rigide, lasciando invece che il bambino scopra il mondo a modo suo, in un ambiente progettato per stimolare la sua autonomia e creatività. Questa visione si allinea bene con i valori moderni di una genitorialità rispettosa, e gli spazi “montessoriani” sono spesso percepiti come ambienti più sicuri e armoniosi, dove il bambino è libero di esprimersi senza essere continuamente corretto o diretto. In un certo senso, scegliere il Montessori è per i Millennial anche una scelta ideologica, un modo per abbracciare un modello educativo che riflette i loro ideali. Anche i giocattoli seguono questa tendenza: quelli montessoriani sono di legno, minimalisti e dai colori neutri o ispirati alla natura.

Baby Boomer

Per loro, l’educazione non doveva necessariamente adattarsi ai ritmi e alle inclinazioni personali di ogni bambino, ma piuttosto prepararlo ad adattarsi alle richieste della società. La filosofia Montessori, con il suo approccio più libero, poteva apparire meno “solida” e troppo indulgente, una scelta non sempre pratica per un’epoca in cui la disciplina e il rispetto delle regole erano centrali nel processo educativo. La maggior parte dei Boomer ha scelto per i propri figli ambienti educativi che favorissero la concentrazione, l’organizzazione e l’autorità degli insegnanti, visti come guide indispensabili per preparare i bambini al mondo reale. I giocattoli (che oggi spesso si ostinano a comprare ai nipoti!) erano vivaci e coloratissimi, fatti di plastica robusta e spesso dotati di luci, suoni e movimenti per catturare l’attenzione. L’idea era semplice: più stimoli, più divertimento. I giochi erano pensati per essere resistenti, pratici e ricchi di colori sgargianti, senza preoccuparsi troppo dell’impatto visivo o della delicatezza

Gli altri

“I nuovi papà sono accoglienti, chiedono scusa se urlano, scrivono lettere se sbagliano, non si perdono una festa, un compleanno, una recita, una qualunque puttanata e piangono molto, perché i nuovi papà non si vergognano a farsi vedere piangere”. (p.73)

Millennial

I papà Millennial sono presenti in ogni aspetto della vita dei figli, dalle feste di compleanno alle recite scolastiche, e non si vergognano di mostrarsi vulnerabili: piangere di fronte ai figli, ammettere i propri errori e chiedere scusa sono diventati comportamenti normalizzati. Questo nuovo stile di paternità rompe con gli stereotipi tradizionali, portando i papà Millennial a vedere il ruolo paterno non solo come una guida, ma come un compagno di viaggio emotivo che si mostra autentico.

Baby Boomer

I papà Baby Boomer crescevano i figli in un contesto culturale in cui la figura paterna era più distaccata. Per loro, l’idea di chiedere scusa o di mostrare emozioni intense davanti ai figli sarebbe sembrata insolita, e a volte persino inappropriata. La paternità Boomer si esprimeva attraverso una presenza spesso più silenziosa ma autorevole, e l’idea di dimostrare affetto poteva tradursi in azioni pratiche, come lavorare per garantire sicurezza economica e stabilità alla famiglia. Le emozioni profonde, come le lacrime, erano viste come una debolezza da evitare, specie di fronte ai figli, e il loro ruolo prevedeva di essere il “pilastro” forte della famiglia.

L’agenda

“L’agenda settimanale familiare, che non è fisicamente un’agenda, ma un complesso incrocio di Google Calendar, triangolato con tata e marito, ed elaboratissimi file Excel in modalità condivisa su Google Drive.” (p.98)

Millennial

I genitori Millennial sono noti per l’organizzazione quasi maniacale delle attività dei figli, riempiendo le settimane con lezioni di musica, danza, sport, teatro e corsi creativi, il tutto coordinato con una precisione digitale impeccabile. La vita familiare si snoda in un intreccio di Google Calendar condivisi, file Excel su Google Drive e messaggi con baby-sitter e partner per assicurarsi che nessuna lezione venga dimenticata e che ogni figlio possa partecipare al proprio laboratorio di coding o lezione di yoga. Per i Millennial, queste attività extra scolastiche sono un’occasione per stimolare talenti nascosti, preparare i figli per un futuro competitivo e arricchirne l’esperienza. I pomeriggi sono densi di impegni performativi, dove il tempo libero diventa quasi un’eccezione.

Baby Boomer

Dopo la scuola, per i bambini era comune avere pomeriggi liberi per giocare all’aperto, stare con gli amici del quartiere o dedicarsi ai compiti. Le attività strutturate erano poche e si limitavano spesso a uno sport o a un hobby scelto dal bambino, senza un’agenda serrata. I Boomer preferivano lasciare spazio alla spontaneità e all’immaginazione, e consideravano i pomeriggi non organizzati un modo per sviluppare autonomia e creatività, senza la pressione di riempire ogni minuto. Per loro, il tempo libero (e la noia) era una risorsa preziosa, un’occasione per imparare a gestirsi senza una guida costante.

Il tempo

“Quello che vedo in giro è che c’è tutta una tensione a fare cose che possano essere fotografabili, condivise, tutto un: vi faccio vedere che cos’è la qualità.” (p.110)

Millennial

Il tempo di qualità con i figli è diventato quasi un’esperienza da curare esteticamente, spesso pensata non solo per il piacere del momento, ma anche per essere immortalata e condivisa sui social. Attività come pic-nic all’aperto, weekend in agriturismo, o momenti di artigianato creativo a casa sono organizzati con attenzione, facendo in modo che ogni dettaglio sia fotogenico, dai colori dei vestiti alla presentazione del cibo. Questa ricerca del “momento perfetto” è spesso accompagnata dalla volontà di mostrare agli altri cosa significa “fare qualità”: un’immagine patinata della famiglia felice e affiatata, pronta per essere pubblicata su Instagram con un hashtag curato. Per i Millennial, il concetto di qualità non si limita alla presenza, ma passa anche attraverso il condividere e testimoniare agli altri il proprio impegno come genitori, un modo per raccontare il loro modo di vivere la genitorialità.

Baby Boomer

Vivevano il tempo di qualità in modo più spontaneo e privato, lontano da fotocamere o da un pubblico virtuale. Le attività con i figli non avevano bisogno di una “scenografia” perfetta: poteva trattarsi di un pomeriggio di giochi in cortile, di una gita improvvisata o di una cena in famiglia senza formalità. Per loro, ciò che contava era la presenza, la possibilità di trascorrere del tempo insieme senza preoccuparsi di come appariva dall’esterno. I Boomer vivevano i momenti con i figli come qualcosa di personale e, in un certo senso, anche come un valore intimo: non c’era bisogno di un pubblico per confermare la qualità del loro tempo.

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