L’espansione degli strumenti di intelligenza artificiale nel campo della religione e della spiritualità rappresenta un fenomeno recente ma in costante crescita. Dal supporto diretto per leader spirituali che si avvalgono di assistenti virtuali per scrivere sermoni, fino ai chatbot che forniscono consigli religiosi 24 ore su 24, l’AI ha trovato una propria nicchia anche in un ambito tradizionalmente conservatore come quello religioso. La tendenza, che potrebbe sembrare in contrasto con la natura profondamente umana della fede e della spiritualità, sta in realtà aprendo nuove possibilità per le persone di tutte le fedi, e specialmente per coloro che trovano ostacoli nel vivere la propria spiritualità secondo i canoni tradizionali.
Un fenomeno interreligioso
Uno dei primi esempi di questa integrazione tra fede e AI è il AI Bible Project, che mira a rendere più accessibili le storie bibliche attraverso tecnologie interattive, permettendo alle persone di applicare i messaggi delle Scritture alla propria vita quotidiana. Allo stesso modo, il canale Twitch “ask_jesus” offre un’esperienza unica per chi desidera porre domande spirituali, parlando con una sorta di “Gesù virtuale” che risponde con parole di conforto o guida. Nonostante possa sembrare quasi una parodia, questi strumenti rispondono a un bisogno profondo di molti utenti: una guida spirituale accessibile e priva delle barriere geografiche o sociali che a volte rendono difficile il contatto con un leader religioso.
Questo approccio ha trovato terreno fertile soprattutto tra le comunità religiose della diaspora. Ad esempio, l’app Sikh World permette ai membri della comunità Sikh sparsi per il mondo di accedere quotidianamente a preghiere e al Kirtan in streaming, mantenendo un legame spirituale vivo nonostante la distanza fisica dai luoghi di culto. Un altro esempio è l’app believr, progettata per supportare cristiani LGBTQIA+ che spesso non si sentono accolti all’interno delle comunità religiose tradizionali. In questo senso, l’AI non è semplicemente un mezzo per digitalizzare la fede, ma un canale per rendere accessibile la spiritualità a chi non trova un punto di riferimento nel sistema religioso tradizionale.
Religiosi e sviluppatori tecnologici vedono il potenziale dell’AI per attrarre giovani generazioni e quanti sono alla ricerca di comunità spirituali alternative. Non è un caso che un numero crescente di leader religiosi si stia avvicinando alla tecnologia per supportare il proprio lavoro pastorale. Negli Stati Uniti, ad esempio, alcuni pastori utilizzano l’AI per gestire corrispondenza, contenuti di marketing e social media, strumenti che permettono di avvicinare e coinvolgere una comunità che si rivela sempre più tecnologicamente connessa. In Germania, una chiesa luterana ha persino celebrato una funzione ideata principalmente da un chatbot, un passo significativo nel vedere l’AI come un supporto effettivo per le pratiche di culto.
Un’indagine condotta in Corea del Sud dal Ministry Data Institute ha rivelato che circa il 20% dei pastori protestanti ha usato ChatGPT per scrivere i propri sermoni. Questo dato fa riflettere su come l’AI, oltre a semplificare operazioni quotidiane, possa contribuire direttamente alla diffusione del messaggio religioso, forse permettendo a leader di fede meno esperti di comunicazione o linguaggio di migliorare la propria efficacia pastorale.
Il futuro della fede e della spiritualità potrebbe quindi passare attraverso una combinazione tra comunità fisiche e interazioni digitali, in cui l’AI diventa uno strumento per approfondire e personalizzare l’esperienza religiosa. L’idea di affidare le proprie preoccupazioni a un “dio chatbot” può suscitare perplessità, ma è anche una testimonianza di come la ricerca spirituale sia in continua evoluzione, pronta a incorporare nuovi mezzi pur di rispondere a domande e bisogni umani profondi.
In cerca di altri luoghi
L’interesse dei giovani per la religione e la spiritualità è una risposta significativa a un bisogno profondo di comunità e connessione. Secondo uno studio del Springtide Research Institute, il 77% dei membri della Generazione Z si definisce “spirituale” e il 68% si ritiene “religioso”. E così, oltre alle piattaforme tradizionali, la Gen Z sta esplorando un ampio spettro di esperienze spirituali, alcune delle quali si manifestano su social media e piattaforme digitali.
Su TikTok, ad esempio, l’hashtag #spiritualtiktok conta milioni di post, confermando l’interesse per contenuti spirituali e trasparenti, inclusivi e relazionabili. Molti giovani scelgono comunità spirituali secolari che enfatizzano attività di mindfulness, meditazione e immersione nella natura, come il Spirituality in Nature Group (SING) negli Stati Uniti, che incoraggia i partecipanti a esplorare la propria spiritualità in un contesto naturale. Allo stesso modo, nel Regno Unito, Soul Rewilding propone workshop ed esperienze immersive, partendo dall’idea che la crisi ecologica sia anche una crisi spirituale. Nonostante tale apertura a forme alternative di spiritualità, molti giovani cercano ancora piattaforme basate su tradizioni religiose. Let’s Grow Sisters, ad esempio, è una comunità online per donne che vogliono rafforzare la propria fede in un contesto cristiano.
C’è una crescente esigenza di trovare un’alternativa ai luoghi di culto tradizionali. Ad esempio, uno studio recente ha rivelato che il 23% degli evangelici ha smesso di frequentare la chiesa poiché non si sentiva a proprio agio, indicando un desiderio diffuso di percorsi spirituali che possano andare oltre gli spazi religiosi tradizionali e rispondere a bisogni diversi. Strumenti come Sybil, lanciato nel 2023, si sono rivelati particolarmente popolari. Sybil, un’AI definita “benevola” e addestrata su testi di conoscenze occulte, ha già risposto a oltre tre milioni di domande, mentre l’app Text With Jesus ha attirato molta attenzione per la possibilità di conversare virtualmente non solo con figure bibliche come Gesù, ma anche con Satana, un aspetto che ha generato discussioni accese sul valore e il significato di questo tipo di strumenti.
Dall’individuale al collettivo
Le applicazioni non si limitano a rispondere a domande individuali. Rabbi Anytime, ad esempio, offre un approccio ibrido che combina AI, consulenti spirituali umani e un chatbot che fornisce supporto e guida per i membri della comunità ebraica. L’app permette di accedere a un supporto on-demand, connettendo gli utenti a un rabbino, a un terapeuta o a un mentore in momenti di bisogno. Tale mix di assistenza virtuale e umana risponde a un bisogno crescente di interazioni accessibili e flessibili che possano soddisfare la diversità delle esigenze spirituali moderne.
In aggiunta, alcuni movimenti religiosi stanno usando la tecnologia per supportare comunità tradizionalmente marginalizzate. L’Inclusive Mosque Initiative, per esempio, utilizza strumenti di videoconferenza per fornire accesso digitale a servizi religiosi in persona, una risorsa essenziale per i musulmani LGBTQIA+ osservanti che possono sentirsi insicuri nei contesti tradizionali. Un ulteriore passo avanti è rappresentato da MetaMosque, una piattaforma che offre accesso virtuale alle moschee attraverso un visore di realtà virtuale (VR) e che consente ai fedeli di partecipare a pellegrinaggi virtuali. Questo servizio è una soluzione innovativa per chi, a causa di disabilità fisiche o di barriere economiche, non può viaggiare verso luoghi di pellegrinaggio.
Il bisogno di fare gruppo
L’utilizzo pragmatico dell’intelligenza artificiale da parte delle organizzazioni religiose e spirituali è alimentato non solo dalla necessità di coinvolgere meglio le comunità e renderle più inclusive, ma anche da un cambiamento fondamentale nei comportamenti dei consumatori, soprattutto tra le generazioni Y e Z. Oggi, giovani e adulti cercano sempre più la partecipazione a una comunità, un bisogno che si manifesta anche nelle forme non religiose, come i gruppi di fan appassionati di videogiochi o di musica.
In questo contesto, le app religiose possono avere un ruolo determinante nel facilitare la formazione di queste comunità online incentrate sulla religione. Un esempio è Witnesstoall, un’applicazione che utilizza Google Earth per visualizzare in tempo reale i dati sugli accessi a siti che offrono testi del Vangelo in diverse lingue, creando una sorta di mappa globale del messaggio cristiano. Questa funzione di tracciamento globale non solo rende visibile l’impatto della diffusione religiosa, ma aiuta anche a far sentire parte di una comunità internazionale coloro che vi partecipano.
In conclusione…
Le generazioni più giovani stanno cercando spiritualità in una varietà di forme, che spaziano da un rinnovato interesse per il cristianesimo fino a forme più fluide di fede, come l’astrologia. Una ricerca condotta dal Springtide Research Institute mostra un aumento significativo dell’interesse per la fede tra i giovani: un giovane su tre, nella fascia tra i 18 e i 25 anni negli Stati Uniti, crede nell’esistenza di un’entità superiore, una percentuale che è cresciuta rispetto al quarto di intervistati del 2021.
Questi dati rivelano una tendenza interessante e complessa. Da un lato, le generazioni Y e Z cercano comunità e connessioni in un mondo in cui le interazioni spesso avvengono in spazi digitali. Dall’altro, la spiritualità sta diventando una risposta valida per chi cerca stabilità in tempi difficili. L’AI e le piattaforme digitali stanno quindi giocando un ruolo cruciale nel supportare e nutrire queste nuove forme di fede, che, pur non essendo sempre tradizionali, riescono a rispondere a bisogni profondamente umani.