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L’antropologia digitale fornisce strumenti preziosi per comprendere il mondo interconnesso in cui viviamo, le relazioni che instauriamo e i motivi dietro i nostri comportamenti. In questo contesto, la ricerca etnografica, che consiste nel raccogliere dati e informazioni sul campo su gruppi di persone, si rivela fondamentale. Quando si parla di contesti digitali, si fa riferimento alla netnografia, un termine che combina “net” (Rete) ed “etnografia”. La metodologia è stata teorizzata per la prima volta nel 1995 da Robert V. Kozinets, docente all’Università della Southern California e rinomato esperto di marketing tribale e teoria della cultura del consumo. Kozinets è riconosciuto come una delle figure più influenti nello studio dei social media, del marketing e dell’innovazione.

La netnografia, nota anche come etnografia digitale, è una forma di ricerca qualitativa che adatta le tecniche tradizionali di immersione etnografica alla complessità del mondo digitale. Nella terza edizione del suo manuale Netnography: The Essential Guide to Qualitative Social Media Research (SAGE, 2019), Kozinets illustra un processo metodologico in cinque fasi:

  1. Definizione dell’oggetto di studio: va identificato chiaramente ciò che si intende investigare, che può essere un fenomeno sociale, una piattaforma o un comportamento specifico.
  2. Identificazione del territorio digitale e della comunità: si seleziona la community online o lo spazio virtuale in cui si verificano le interazioni rilevanti per la ricerca.
  3. Immersione per l’osservazione: si partecipa attivamente o si osserva passivamente le interazioni all’interno del contesto digitale, proprio come farebbe un antropologo sul campo.
  4. Integrazione con altri metodi di ricerca: viene combinata l’osservazione netnografica con altri approcci di ricerca, come interviste o analisi quantitative, per arricchire la comprensione del fenomeno.
  5. Interpretazione dei dati: vengono analizzati i dati raccolti con l’obiettivo di cogliere il significato più profondo delle interazioni, dei valori e dei comportamenti osservati.

Kozinets sottolinea che questo approccio metodologico deve concentrarsi sull’esperienza quotidiana delle persone in Rete, prestando attenzione ai piccoli dettagli, anche quando il contesto di ricerca è complesso e ampio, come nel caso delle grandi aziende o delle piattaforme globali. La netnografia permette, quindi, di comprendere i sistemi sociali e i valori condivisi che emergono dalle interazioni online, offrendo una chiave di lettura essenziale per interpretare il comportamento umano nell’era digitale.

Ecco alcuni degli aspetti che possono essere esplorati attraverso la netnografia:

  • Percezione di un brand. L’immagine di un’azienda è fortemente influenzata dalle esperienze funzionali, sociali ed emotive vissute dai consumatori, che spesso vengono condivise online. Utilizzando l’etnografia digitale, è possibile analizzare in modo diretto queste percezioni, tenendo conto anche di eventi di attualità che possono influenzarle. Le discussioni e le interazioni sui social media e altre piattaforme diventano fonti preziose per comprendere come i brand vengono percepiti e vissuti dal pubblico.
  • Composizione delle audience. La netnografia consente di segmentare il pubblico in base a caratteristiche condivise, come aspettative, bisogni, interessi e priorità. Ciò permette di esplorare l’identità culturale delle persone, raggruppandole in base a tratti comuni e aiutando le aziende o le istituzioni a progettare comunicazioni e strategie più mirate. La comprensione dei diversi segmenti di pubblico diventa così più approfondita e personalizzata.
  • Nascita di nuovi trend. L’osservazione delle tendenze emergenti, basata su ciò che le persone condividono e discutono online, permette di cogliere i cambiamenti in atto nelle abitudini e nei rapporti sociali. Il metodo aiuta a individuare precocemente i trend che domineranno in futuro, offrendo alle aziende e agli studiosi strumenti per prevedere e rispondere ai cambiamenti culturali e di consumo prima che diventino mainstream.

Tali aspetti dimostrano come la netnografia rappresenti un potente strumento per analizzare il comportamento umano in ambienti digitali, fornendo una visione ricca e dettagliata di fenomeni complessi legati al consumo, alle dinamiche sociali e ai cambiamenti culturali.

La tecnologia ha trasformato profondamente il come comunichiamo, ma non ha modificato il cosa e il perché. Oggi inviamo brevi messaggi su WhatsApp, magari arricchiti da qualche emoji, mentre ieri i nostri nonni scrivevano lettere a mano. Le modalità sono cambiate – il mezzo, i tempi, il formato – ma il contenuto che desideriamo condividere e le motivazioni che ci spingono a farlo rimangono fondamentalmente le stesse. Desideriamo esprimere emozioni, sentimenti e pensieri, cercando connessione e comprensione da parte degli altri, come sempre.

Il vero cambiamento introdotto dal digitale risiede nella nascita di nuove reti sociali, che si sono aggiunte a quelle già esistenti nella vita quotidiana delle persone. La facilità d’uso delle tecnologie e la crescente accessibilità alla connessione hanno trasformato la nostra società, dandole nuove forme tribali. Le comunità online sono formate da individui che condividono identità, interessi e caratteristiche simili, sviluppando relazioni basate su interessi comuni.

In questo contesto, il termine “tribù” diventa particolarmente pertinente. Come definito dalla Treccani, una tribù è “un insieme di individui che si riconoscono parte di una stessa comunità, caratterizzati da analogie sociali e culturali”. La definizione si adatta perfettamente al mondo online, dove le persone si riuniscono in gruppi e community virtuali, creando nuovi spazi di interazione sociale e culturale. Le tribù digitali non sono legate a confini geografici, ma si formano attorno a passioni, idee e valori condivisi, dimostrando come la tecnologia abbia ampliato le nostre reti sociali, trasformando il modo in cui costruiamo identità collettive e individuiamo affinità.

“Parlano uno stesso linguaggio, hanno consapevolezza di costituire un organismo sociale ben determinato e politicamente coerente, e come tale riconosciuto dai gruppi vicini; la sua coesione ha quasi sempre carattere territoriale oltre che linguistico e sociale, in quanto il gruppo occupa permanentemente (se sedentario) o percorre periodicamente (se nomade) una regione geograficamente determinata.”

Twitch, piattaforma abitata principalmente da videogiocatori, ospita una tribù molto specifica e ben delineata: i modder, un gruppo di appassionati che si dedicano a modifiche estetiche e funzionali dei videogiochi. I modder hanno sviluppato un proprio linguaggio, sanno di essere una comunità distinta dalle altre e condividono obiettivi comuni. Nel corso del tempo, le comunità di modding sono diventate una fucina di innovazioni, producendo un enorme valore per l’intera industria videoludica. Molti dei generi di giochi più popolari, come gli sparatutto, si sono evoluti proprio grazie al contributo di queste tribù digitali.

Un altro fenomeno in crescita tra i videogiocatori è rappresentato dalle comunità femminili, supportate da hashtag come #girlgamers, che stanno contribuendo a dare visibilità e riconoscimento a ragazze e donne sia come giocatrici che come creatrici di contenuti. Questi gruppi stanno rompendo gli stereotipi di genere associati al mondo dei videogiochi, affermando una presenza femminile sempre più forte in un ambiente tradizionalmente dominato da uomini.

L’antropologia digitale, pur focalizzandosi spesso sull’individuo, non può prescindere dalle relazioni sociali che si creano all’interno dei territori online. La netnografia, a sua volta, è chiamata a esplorare le tracce umane e l’individualismo interconnesso all’interno delle reti sociali virtuali. Come si realizza tutto questo? Attraverso la combinazione di dati quantitativi e qualitativi. Il metodo netnografico mette in dialogo numeri e narrazioni personali, osservando non solo i comportamenti visibili, ma anche le motivazioni profonde che animano le comunità online.

L’approccio consente di comprendere a fondo le dinamiche che regolano le tribù digitali, come quella dei modder o dei girl gamers, e di tracciare un quadro più completo e sfaccettato delle relazioni e dei comportamenti umani nell’era dell’iperconnessione. È proprio imparando a unire queste due prospettive – quantitativa e qualitativa – che possiamo penetrare nei meccanismi di formazione delle identità e delle dinamiche sociali online.

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Tratto, ispirato e ampliato da:
#Datastories. Seguire le impronte umane sul digitale (ed. Hoepli)

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