Scuro Chiaro

Ne ha parlato giusto qualche giorno fa Annamaria Testa su Nuovo e utile: dopo un anno di pandemia siamo affaticati da Zoom, e da tutte le videocall. Come scrive lei, la questione è legata soprattutto al “vedere costantemente se stessi mentre si parla: è un’esperienza inedita, almeno per chi non frequenta studi televisivi pieni di monitor”. Non solo: “le videoconferenze ci inchiodano alla scrivania, in modo molto più ferreo di quanto non accada in una riunione normale o durante una telefonata”. Ed è così che allora molte persone hanno iniziato a cercare comunicazioni online che consentissero connessioni più profonde e intime. L’audio, in questo senso, offre una gradita pausa dalla Zoom Fatigue. Ma facciamo un passo indietro.

Come leggiamo su #Datastories. Seguire le impronte umane sul digitale, con l’arrivo del digitale nelle nostre vite, abbiamo scritto sempre di più, fino a che negli ultimi tempi.

All’inizio degli anni 2000, i millennial nella loro prima adolescenza stavano litigando con il modem 56k, aspettando pazientemente il cacofonico suono dei toni digitali. Una volta connessi, IRC, ICQ e poi MSN erano le terre di destinazione per chattare in tempo reale. Parallelamente, cresceva l’utilizzo degli SMS, e in parte minore degli MMS, messaggi invece in differita insomma, come lo sono anche le e-mail. Con l’avvento degli smartphone, i contatti si sono fatti da un lato più visivi (pensiamo a Skype) e dall’altro lato più intimi, sempre di più, fino ad arrivare ai giorni nostri. E così, se i millennial hanno fatto della messaggistica istantanea testuale il loro modo di comunicare prediletto – prima di passare alle app focalizzate sull’immagine come Instagram e Snapchat – gli Z hanno abbracciato da tempo l’oralità con le note vocali. In effetti, pensiamo a quanto siano più personali dei messaggi di testo, con tutto il carico di emozione che una voce può portare, e a quanto siano anche più efficaci in situazioni in cui il tempo è poco.

Dunque, ecco che si incrociano due insight importanti: il primo ha a che fare con l’evoluzione delle esigenze comunicative delle nuove generazioni; il secondo, invece, proprio con l’arrivo nelle nostre vite del Covid-19, che ci ha spinti a trovare un nuovo equilibrio tra gli scambi.

Il ruolo dei lockdown

I blocchi che viviamo a singhiozzi più o meno prolungati da un anno a questa parte hanno portato la maggior parte di noi a fare un eccessivo affidamento sugli schermi per lavoro, istruzione e tempo libero, lasciandoci una sensazione di stanchezza. Negli Stati Uniti, il 59% delle persone intervistate a luglio ha dichiarato di aver trascorso più tempo sui propri telefoni dall’inizio dell’epidemia; il 55% ha trascorso più tempo davanti al proprio computer. Risultato? Insonnia, ansia e sentimenti di angoscia sono peggiorati. A questa premessa, va tenuto in considerazione anche il continuo districarsi tra fake news, violazioni di privacy e tattiche di marketing un po’ troppo aggressive, che hanno contribuito a portare all’esasperazione molte persone. E così, se alcune si sono semplicemente allontanate dai social, altre sono alla ricerca di approcci online alternativi, come solo il format audio in questo momento può offrire.

Audiolibri, messaggi vocali e podcast (ne avevamo parlato già qui, ricordate?) stanno guadagnando popolarità da un po’ di tempo. Il mercato statunitense degli audiolibri è il più grande del mondo, valeva circa 1,5 miliardi di dollari lo scorso anno ed è destinato a crescere a un tasso annuo del 20-25% per i prossimi anni. Al contempo, l’ascolto profondo e le terapie a base di suoni – come i bagni di gong e le tante app di meditazione – hanno visto un aumento di interesse durante la pandemia come antidoto a stress e ansia. Davanti a tali osservazioni, sembra che anche i brand stiano riconoscendo il potere della connessione uditiva, anche nel dating e nelle attività per i bambini Alpha. E tutto ciò, ben prima del successo della piattaforma di chat audio Clubhouse, valutata 1 miliardo di dollari lo scorso gennaio.

La nuova relazione di fiducia

Sarà l’audio il futuro dei social media? Jack Dorsey, CEO di Twitter, pensa proprio di sì. L’autore del pezzo su Entrepreneur, Peter Harengel, aggiunge che, tra l’altro, “se le persone potessero effettivamente sentirsi e parlarsi, non filtrerebbero molti insulti e attacchi maleducati“. Già nel 2011, l’allora direttore esecutivo del New York Times Bill Keller scrisse che “in una discussione reale, il raggruppamento delle informazioni è collettivo, si riconosce la complicazione, a volte si verifica la persuasione. In una discussione su Twitter, al contrario, le opinioni e la nostra tolleranza per le opinioni degli altri sono stiracchiate. ” Andando a creare bolle e polarizzazioni.

Secondo l’Edelman Trust Barometer 2021, in pochi si fidano delle piattaforme di social media. Davanti a questi minimi storici, gli esperti sperano che le app vocali e le funzionalità audio aggiunte alle piattaforme esistenti contribuiranno a rinvigorire formati e senso di fiducia. Oggi le aziende, in particolare, hanno così un ulteriore contenitore nella cassetta degli attrezzi di comunicazione per incoraggiare il dialogo. Anche se passato il sordina da noi in Italia, il primo grande impulso l’ha dato Twitter, lanciando i tweet vocali nell’estate del 2020 e consentendo agli utenti di incorporare la propria voce direttamente nella timeline. A dicembre poi ha anche lanciato Audio Spaces, che permette alle persone di ospitare conversazioni audio con moderatore dal vivo tra due o più persone. E ancora, questo febbraio Spotify ha annunciato una serie di nuove partnership di podcast e nuove funzionalità per i suoi creatori di audio; Instagram, invece, ha aumentato il numero di persone che possono chattare, esibirsi e collaborare in una trasmissione all’interno delle sue “Live Room” – da due a quattro.

La dimensione intima e spontanea

Abbiamo già detto più volte come mesi e mesi di distanziamento sociale e isolamento abbiano portato le persone a desiderare più intimità e vicinanza; l’audio, in questo, può davvero contribuire a riportare un certo comfort e spontaneità alla comunicazione. Le chiacchiere, in fondo, sono vitali per il tessuto delle nostre interazioni sociali. E in tempi di pandemia non lo sono solo questi “small talk”, ma anche tutti gli strati sonori della vita urbana. Quanto ci è mancato, nel primo lockdown, il chiacchiericcio delle persone, il brusio nei negozi, lo sferragliare dei tram, anche i clacson impazienti degli automobilisti. Non volava una mosca. Come scrive Robin Givhan per il Washington Post, “il silenzio non è una tregua; è implacabile. Non è più assenza di suono; è il suono stesso”.

“L’ascolto è un atto intrinsecamente empatico,
che richiede ricettività alle intenzioni
degli altri e del mondo naturale”

È ciò che si legge nella frase di apertura su Pitchfork, in una recensione di un LP postumo della compositrice Pauline Oliveros, che ha coniato il termine “ascolto profondo” nel 1989.

Pensando anche al più recente Clubhouse, in fondo siamo noi a essere chiamati a creare e mantenere le esperienze che desideriamo. Esprimersi solo attraverso l’audio aiuta a creare un ecosistema molto diverso rispetto ad altre piattaforme di social media. Non ci sono distrazioni visive: ci sono solo esseri umani che si connettono, ascoltano e parlano tra loro. Fine.

Il rimedio per l’affaticamento da schermo

HearMeOut, Audlist, Riffr e Listen.me si definiscono tutti social media basati sulla voce: è una continua esplosione. E le persone sono pronte a integrare queste nuove possibilità audio nella loro vita quotidiana, in parte proprio perché sono molto meno invadenti dei social media tradizionali. Ciò si riflette anche nella domanda di hardware: a livello globale, il mercato delle cuffie Bluetooth valeva 60 miliardi di dollari nel 2019 e crescerà del 10% all’anno da qui al 2026.

I più giovani hanno maggiori probabilità di passare ore e ore davanti a uno schermo rispetto alle generazioni più adulte, il che li rende più propensi a subire le conseguenze negative di un tempo eccessivo su computer e smartphone; non stupisce dunque vedere così tante piattaforme desiderose di essere coinvolte nell’audio. Tra queste, c’è la piattaforma di gioco Discord, che ha introdotto una funzionalità di voice over per aiutare a tradurre l’audio in testo durante la pandemia. La sua campagna Your Place to Talk ha fatto sì che il numero di utenti attivi mensili raddoppiassero nel 2020, raggiungendo circa i 120 milioni.

I nuovi limiti di moderazione e privacy

Nuove piattaforme, nuove domande: questi canali si stanno assumendo la responsabilità di proteggere gli scambi e promuovere la fiducia attraverso azioni di moderazione? Social come Clubhouse potrebbero diventare ecosistemi in gran parte autoregolamentati dalla comunità stessa. Tra l’altro, da qualche tempo giornalisti tecnologici e piattaforme di attivisti come Avaaz stanno dando forti avvertimenti rispetto al fatto che, potenzialmente, chiunque di noi può essere registrato. Allo contempo, è anche vero che – di suo – Clubhouse non lascia alcuna “traccia”. Scrive Zeynep Tufekci, sociologo dell’Università del North Carolina:

“il mondo orale è effimero, esiste solo sospeso nel tempo, supportato principalmente da connessioni interpersonali, sopravvive solo sulla memoria, e piuttosto che costruire opere finali e collettive, è finalizzato alla conversazione e al ricordo della conoscenza rendendola memorabile”.

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