Scuro Chiaro

Non è la prima volta che parliamo di mascolinità tossica. Il tema è caldo perchè il clima culturale è in evoluzione e sta richiedendo – soprattutto ai brand – di abbattere le norme e gli stereotipi di genere e di creare nuove narrazioni su che cosa significa essere un uomo (e di conseguenza diverse rappresentazioni della virilità).

Per via del forte contraccolpo contro le strutture patriarcali, dovuto anche a movimenti come #MeToo e #TimesUp, le donne hanno fatto sentire la propria voce e i brand hanno rapidamente cambiato storytelling, dal progetto di autostima di Dove al lancio della versione girl-power del Monopoly. Per gli uomini, la storia è ben diversa. Un sondaggio del Center for the Study of Men and Masculinity (CSMM) ha rivelato che appena il 7% degli uomini in tutto il mondo si sente affine al modello di mascolinità rappresentata dai media.

Le idee sulla mascolinità stanno cambiando perché gli uomini non (si) attribuiscono più i tratti tradizionali come la forza fisica e lo stoicismo emotivo. È come se la rappresentazione mediatica degli uomini fosse in ritardo. E così, gli uomini sentono la pressione di conformarsi a un modello di virilità che non sentono più rilevante: il mito secondo cui esiste un solo modo giusto per essere un uomo è obsoleto e dannoso.

Il rapporto sulla mascolinità di Harry, marchio di rasoi, in collaborazione con l’University College di Londra, ha scoperto che l’uomo americano di oggi, alla domanda a quali caratteristiche aspira, sceglie i valori che mettono i bisogni degli altri al di sopra dei propri: onestà, affidabilità e lealtà. Solo in fondo alla lista c’era l’avere un corpo perfetto.

L’anno scorso il marchio di abbigliamento Bonobos ha lanciato la sua campagna #EvolveTheDefinition, presentando un ampio spettro di uomini che leggevano le definizioni del dizionario di “mascolinità” prima di condividere la propria opinione.

E ancora, Schick, un altro marchio di rasoi, ha lanciato “The Man I Am” per celebrare i diversi tipi di uomini che usano i suoi rasoi. Questa tendenza di comunicazione verso l’inclusività e l’individualitàsta diventando sempre più popolare. La pubblicità è cambiata negli ultimi anni, ed è passata dall’essere iper-maschile all’essere iper-diversificata.

Ma di chi è la colpa? Sebbene gran parte della pressione provenga da amici, familiari e ambienti sociali circostanti, l’influenza della pubblicità è notevole. Per molti, la lotta per riconciliare chi sono con ciò che la società vorrebbe che siano può essere dura; Psychology Today ha riferito che il 75% delle vittime suicide americane sono uomini. Molto ha a che fare con la mancanza di connessioni sociali autentiche: non possono essere sé stessi con gli altri, non possono dire alla gente cosa provano realmente. La pubblicità potrebbe davvero fare la differenza e normalizzare l’essere uomo oggi, con tutte le vulnerabilità umane del caso.

Uno dei primi marchi a rinnovare il proprio marketing è stato Axe, che sta sfidando l’iper-mascolinità che in precedenza era caratteristica della sua pubblicità. Basato su ricerche reali su Google, la campagna “is it ok for guys…” affronta le lotte contro la mascolinità tossica e le ansie dovuta dalle norme sociali. L’annuncio fa parte della più ampia campagna – “Find Your Magic” – con partner organizzazioni no profit che lavorano per affrontare i problemi che gli uomini sperimentano a causa delle pressioni della società per soddisfare gli ideali maschili.

Seppur lentamente e con fatica, la mascolinità moderna cerca di promuovere anche l’uguaglianza di genere e il ruolo mutevole che gli uomini svolgono in famiglia, anche come genitori. Nel 2016, il 7% dei padri erano casalinghi, rispetto al 4% quasi tre decenni prima. Secondo una ricerca di Pew, i papà nel 2016 riferivano di dedicare in media otto ore alla settimana alla cura dei figli, circa tre volte di più rispetto ai padri nel 1965.

Nonostante questi cambiamenti, i brand sembrano non fare abbastanza per allontanarsi dagli stereotipi di genere tradizionali. Due anni fa, le Nazioni Unite hanno lanciato l’Unstereotype Alliance, sostenuta da Unilever, Procter & Gamble, WPP, Diageo, Google e Facebook, per sfidare gli stereotipi di genere nella pubblicità su scala globale. Da allora, per esempio, Unilever si è impegnata a rimuovere stereotipi dannosi dalla sua pubblicità. Mentre gran parte dei riflettori è stata posta sulle rappresentazioni dei ruoli delle donne, sarà interessante vedere come questi impegni e regolamenti influenzeranno il modo in cui anche gli uomini saranno raccontati.

Mentre le donne ispiratrici vengono celebrate ed elevate a modelli per bambine e ragazze, l’equivalente per ragazzi e uomini non ha ancora fatto capolino per davvero. Per chi di loro vuole avere un altro punto di vista su virilità e mascolinità, non ci sono libri, non ci sono guide.

Non c’è che pubblicità, che è già un inizio, si spera.

  1. La campagna “Biggest Names” di Dove Men, che punta i riflettori sugli “atleti di tutti i giorni”: un veterano dei Marines, un pompiere volontario e uno sportivo ipovedente.
  2. Abercrombie&Fitch, noto per i modelli a torso nudo nei negozi, ha reclutato un cast vario per promuovere la sua fragranza, incluso l’attore attivista LGBTQ Keiynan Londsdale.
  3. Nella sua campagna “Every Bod is Happy in Hanes“, il marchio di biancheria intima Hanes ha messo in mostra tutti i diversi tipi di corpi in un video musical divertente

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