Scuro Chiaro

Vi siete mai chiesti perché ci sia una ricerca così intensa di determinati alimenti in specifici periodi dell’anno? È interessante notare come certi cibi diventino quasi iconici durante le festività, evocando non solo il piacere del palato, ma anche ricordi, tradizioni e un senso di appartenenza. Pensate, per esempio, al panettone che arricchisce le tavole durante il Natale, o alle zucche che adornano le case per Halloween. Oppure alle uova di cioccolato, che simboleggiano la Pasqua e la rinascita. Questi alimenti non sono semplici delizie culinarie; sono legati a rituali e celebrazioni che si tramandano di generazione in generazione.

La domanda è: perché tendiamo a mangiare certi piatti solo in particolari occasioni? Prendiamo, ad esempio, il cotechino con lenticchie, un piatto che viene quasi esclusivamente associato al Capodanno. È difficile immaginare qualcuno che decida di prepararlo a inizio settembre, nonostante la sua bontà. Questo fenomeno non è casuale, e a confermarlo sono anche i dati di Google Trends, che mostrano chiaramente come le ricerche per la parola “cotechino” esplodano solo durante le festività natalizie.

Lo stesso vale per “zucca”, che registra un picco di interesse solo a fine ottobre, in prossimità di Halloween, quando la sua presenza diventa quasi indispensabile nelle decorazioni e nei piatti. E che dire del pandoro, della colomba e della pastiera? Questi dolci, simboli delle rispettive festività, ci riportano a momenti di convivialità e celebrazione. La stagionalità occasionale del cibo non solo arricchisce la nostra esperienza gastronomica, ma riflette anche la cultura e le tradizioni che ci circondano. Ogni piatto ha una storia, un significato profondo che va al di là del semplice atto di mangiare. La prossimità di determinate festività crea una connessione emotiva con il cibo, rendendolo un elemento centrale delle nostre celebrazioni. In questo modo, il cibo diventa un linguaggio universale che unisce le persone, permettendo di condividere momenti di gioia e di festa.

Stagionalità: quotidiana vs occasionale

Nel lontanissimo 2003, Starbucks fece un passo audace nel mondo delle bevande autunnali, creando un nuovo prodotto stagionale che avrebbe rivoluzionato il modo in cui pensiamo al caffè. Dopo il successo delle sue bevande natalizie, l’azienda decise di lanciarsi in un’avventura che avrebbe celebrato i sapori tipici dell’autunno. Durante i test gustativi, i sapori di cioccolato e caramello si dimostrarono i preferiti tra i partecipanti. Tuttavia, in un colpo di scena, Starbucks scelse di lanciare il Pumpkin Spice Latteoggi venduto anche in cialde. Da quel momento in poi, questa bevanda è diventata un vero e proprio fenomeno globale, simbolo indiscusso della stagione autunnale.

Il suo successo non è solo il risultato di una strategia di marketing astuta, ma anche di una profonda connessione emotiva tra i consumatori e i sapori autunnali. La consistenza cremosa della zucca, il dolce zucchero sul pandoro, le spezie aromatiche del vin brulé: tutti questi gusti sono intrinsecamente legati a periodi specifici dell’anno. Ma quanto conta realmente la stagione nella nostra scelta alimentare? Con l’ascesa dei ristoranti di fascia alta e degli chef-celebrità che promuovono il concetto di “ingredienti di stagione”, ci si potrebbe chiedere se alcuni cibi non siano solo un’estensione di un fenomeno già esistente. La stagionalità, infatti, ha significati diversi a seconda del contesto in cui ci troviamo. Da un lato, c’è quella che possiamo definire “stagionalità quotidiana”, che ci insegna che le arance, ad esempio, sono frutti tipici dell’inverno, mentre le fragole sono più comuni in primavera e in estate. Dall’altro lato, c’è una “stagionalità occasionale” che celebra piatti e bevande specifiche legate a festività e momenti particolari dell’anno, come il cotechino a Capodanno o la pastiera a Pasqua.

I social amplificatori del gusto

I social media e la loro estetica giocano un ruolo decisivo nel determinare le tendenze alimentari contemporanee. È un fenomeno che abbiamo osservato nel caso della barbabietola rossa, ma vale anche per il rabarbaro, che ha guadagnato popolarità grazie alla sua affascinante tonalità rosea, e per l’avocado, il cui verde brillante continua a conquistare il palato e gli occhi di milioni di persone. I colori accattivanti non solo rendono i piatti più appetitosi, ma incoraggiano anche la condivisione sui social, trasformando la nostra esperienza alimentare in un evento visivo da immortalare.

Nonostante gli alimenti stagionali siano oggi disponibili in quasi ogni momento dell’anno, i prodotti che si concentrano su occasioni speciali riescono ancora a beneficiare del clamore e dell’entusiasmo che un tempo circondava gli ingredienti freschi e appena raccolti. L’arrivo della zucca in autunno, ad esempio, non è solo un cambio di stagione, ma un segnale che annuncia l’inizio di feste e tradizioni. I cibi e le bevande a tema stagionale suscitano una risposta emotiva profonda, segnando l’inizio delle vacanze e delle consuetudini annuali che accompagnano le nostre vite.

L’aspettativa che si crea attorno a questi alimenti aumenta il piacere legato al loro consumo. Ciò che spesso dimentichiamo è che questa attesa è una lezione appresa fin da bambini: “Niente dessert fino a quando non hai finito la cena”. Questo principio di gratificazione ritardata è ben noto ai brand, che cercano costantemente nuovi modi per stimolare quel tipo di feedback emotivo, creando esperienze memorabili attorno ai loro prodotti. Che si ami o si odii il Natale, è innegabile che le tradizioni associate al cibo siano difficili da spostare o modificare, poiché ciò che mangiamo ha una risonanza emotiva incredibilmente forte.

Consigli di lettura